Molto più facili le telefonate commerciali: dal regime del preventivo consenso a quello del preventivo rifiuto. Secondo il Codice per la protezione dei dati personali la telefonata a scopi commerciali era lecita se l’abbonato consumatore aveva prestato il consenso, oggi diviene lecita se non ha espresso un rifiuto.
In estrema sintesi, questo il contenuto dell’art. 20-bis del cosiddetto “decreto Ronchi”, approvato in via definitiva dalla Camera il 19 novembre.
Il decreto sancisce il passaggio nell’ordinamento giuridico italiano dall’opt-in all’opt-out per le telefonate commerciali rivolte ai privati. In pratica, non è più necessario il consenso preventivo dell’interessato perché possa essere effettuata la telefonata, ma è richiesta invece un’espressione di dissenso perché non sia effettuata. Se non c’è stata preventiva ed esplicita espressione di dissenso, allora la telefonata commerciale è legittima. La norma prevede l’istituzione di un registro ad hoc per gestire i cosiddetti “Robinson”, cioè coloro che non vogliono essere raggiunti. Ma incomprensibilmente la gestione del registro non è attribuita al Garante per la protezione dei dati personali, bensì ad un ente che sarà individuato.
Alcune considerazioni critiche.
1) Il tipo di domanda influenza gravemente la risposta. Per approfondimenti e dati sorprendenti: Daniel Ariely (“Are we in control of our decisions?”) in TED Talks (www.ted.com).
2) Giova poco obiettare che l’abbonato può opporsi al trattamento dei suoi dati e quindi alle telefonate, dal momento che l’opposizione al trattamento, già in vigore per le imprese e i professionisti, non funziona, nonostante i numerosi interventi del Garante per la protezione dei dati personali.
Sarebbe stato necessario invece indagare, prima di modificare la norma sul consenso, sui motivi dell’ineffettività (ad es. data base non aggiornati, parcellizzazione dei call center, valutazione costi/benefici favorevole alla non applicazione della norma).
3) Negli USA, dove vige il regime dell’opt-out, la materia è dettagliatamente regolata ( ad esempio, si può telefonare soltanto in certe fasce orarie, soltanto in determinati giorni).
E’ inoltre previsto un risarcimento del danno già in parte predeterminato, che può essere richiesto dall’utente, nel caso di chiamata non desiderata.
Molto più facili le telefonate commerciali: dal regime del preventivo consenso a quello del preventivo rifiuto.Secondo il Codice per la protezione dei dati personali la telefonata a scopi commerciali era lecita se l’abbonato consumatore aveva prestato il consenso, oggi diviene lecita se non ha espresso un rifiuto.
In estrema sintesi, questo il contenuto dell’art. 20-bis del cosiddetto “decreto Ronchi”, approvato in via definitiva dalla Camera il 19 novembre.
Il decreto sancisce il passaggio nell’ordinamento giuridico italiano dall’opt-in all’opt-out per le telefonate commerciali rivolte ai privati. In pratica, non è più necessario il consenso preventivo dell’interessato perché possa essere effettuata la telefonata, ma è richiesta invece un’espressione di dissenso perché non sia effettuata. Se non c’è stata preventiva ed esplicita espressione di dissenso, allora la telefonata commerciale è legittima. La norma prevede l’istituzione di un registro ad hoc per gestire i cosiddetti “Robinson”, cioè coloro che non vogliono essere raggiunti. Ma incomprensibilmente la gestione del registro non è attribuita al Garante per la protezione dei dati personali, bensì ad un ente che sarà individuato.
Alcune considerazioni critiche.
1) Il tipo di domanda influenza gravemente la risposta. Per approfondimenti e dati sorprendenti: Daniel Ariely (“Are we in control of our decisions?”) in TED Talks (www.ted.com).
2) Giova poco obiettare che l’abbonato può opporsi al trattamento dei suoi dati e quindi alle telefonate, dal momento che l’opposizione al trattamento, già in vigore per le imprese e i professionisti, non funziona, nonostante i numerosi interventi del Garante per la protezione dei dati personali.
Sarebbe stato necessario invece indagare, prima di modificare la norma sul consenso, sui motivi dell’ineffettività (ad es. data base non aggiornati, parcellizzazione dei call center, valutazione costi/benefici favorevole alla non applicazione della norma).
3) Negli USA, dove vige il regime dell’opt-out, la materia è dettagliatamente regolata ( ad esempio, si può telefonare soltanto in certe fasce orarie, soltanto in determinati giorni).
E’ inoltre previsto un risarcimento del danno già in parte predeterminato, che può essere richiesto dall’utente, nel caso di chiamata non desiderata.
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