La scorsa settimana molte agenzie di stampa hanno pubblicato alcune notizie sull’effettiva attivazione di nuove procedure digitali in ambito burocratico, dal certificato medico informatico alla distribuzione al cittadino della CEC-PAC (Comunicazione Elettronica Certificata tra Pubblica Amministrazione e Cittadino). Nonostante l’attinenza al tema, non sono però state riportate dichiarazioni sullo stato del nuovo Codice dell’Amministrazione Digitale, del quale non si hanno più notizie dal 19 Febbraio, giorno dall’approvazione – con riserva di ulteriori accordi – da parte del Consiglio dei Ministri.
Da fonti informate risulta che il processo di approvazione definitiva del CAD sia stato bloccato. Lo stato d’impasse sarebbe dovuto alla preoccupazione del Ministero dell’Economia riguardo ai maggiori oneri economici che la nuova normativa imporrebbe alle pubbliche amministrazioni. Viene infatti che lamentato che, sebbene presentato come uno strumento di risparmio a costo zero per le amministrazioni, in pratica il nuovo CAD sembra dover essere finanziato dagli stessi risparmi che dovrebbe produrre. È previsto infatti che i risparmi conseguiti dalle singole amministrazioni grazie al processo di digitalizzazione vengano rimessi in circolo nell’amministrazione che li ha prodotti, in parte come investimenti nello stesso processo di innovazione e in parte come premialità ai dirigenti. A questo paradosso, già poco promettente in termini di bilancio, si aggiungono le famigerate sanzioni, per le amministrazioni lente nell’applicare le innovazioni, che andrebbero a tagliare la premialità.
Anche se è stato sottolineato come il processo di innovazione non abbia costi molto elevati, dal momento che già le pubbliche amministrazioni redigono i documenti al computer per poi stamparli, rimane comunque dubbio quale sia l’effettivo costo iniziale dell’innovazione e sul chiarimento di questo punto stanno cooperando il ministero dell’Innovazione e quello dell’Economia.
Oltre alla motivazione economica, il blocco del nuovo CAD è dovuto in parte anche al recepimento delle numerose perplessità sulle copie digitali. A palazzo Vidoni molti ritengono che l’istituzione di “duplicato” per un documento informatico non abbia un senso e che vada chiarita la parte del Codice che riguarda il rapporto tra documenti digitali e analogici. Pare ci sia anche l’intenzione di intervenire sulla firma elettronica avanzata: sebbene tutti concordino nel ritenere giusto reintrodurla, molti lamentano la necessità di chiarezza nella definizione del suo valore probatorio. C’è chi pensa inoltre di definire meglio la gestione del passaggio ancora indispensabile tra digitale e carta tramite il cosiddetto “contrassegno digitale”, cioè l’attestazione della provenienza e dell’integrità dei documenti digitali stampati su carta. Si tratta di un codice a barre bidimensionale, per il quale dovranno essere introdotte regole tecniche di interoperabilità. La necessità di questo strumento è indiscussa, dal momento che fino a quando il digital devide non sarà colmato (si pensi alle difficoltà dei più anziani davanti a un documento digitale) difficilmente la burocrazia potrà liberarsi della carta.
Per l’approvazione definitiva del CAD si dovrà quindi attendere che queste ambiguità vengano risolte e che il Ministero dell’Innovazione garantisca la mancanza di oneri per le pubbliche amministrazioni.
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