A pochi giorni dalla sentenza di Madrid che ha scagionato YouTube dalle accuse di Telecinco, si è diffusa la notizia di un’ulteriore controversia legale che ha coinvolto Google in Francia.
Il Tribunale di Parigi ha condannato la compagnia di Mountain View per diffamazione ai danni di un cittadino francese che lamentava l’accostamento del suo nome a termini quali “satanista” e “stupratore” attraverso il servizio Google Suggest, che suggerisce le parole durante la digitazione della query sul motore di ricerca. Tali termini comparivano inoltre sul servizio “ricerche correlate” offerto nella pagina dei risultati di Google.
Il querelante, che ha subito una condanna non ancora definitiva a tre anni di carcere per corruzione di minore, ha chiesto al Tribunale di Parigi di ordinare la rimozione dei termini diffamatori e un risarcimento danni di 100.000 euro da parte di Google e del suo CEO Eric Shmidt.
Google si è difesa davanti alla corte sostenendo che i suddetti servizi sono completamente automatici, dal momento che si basano su algoritmi, e che i risultati suggeriti derivano solo dalla frequenza con cui gli utenti hanno associato in passato i termini proposti.
La compagnia americana ha anche sostenuto che il semplice accostamento di parole non può essere considerato come diffamazione, dal momento che chi naviga in internet sa bene che i risultati delle ricerche tengono solo conto della concomitanza, all’interno di uno stesso testo web, dei termini cercati.
La corte parigina tuttavia non ha accolto le giustificazioni di Google, rilevando come non sia stata presentata alcuna prova riguardo l’automatizzazione del servizio di suggerimento parole. In aggiunta, il fatto che i termini suggeriti da Google Suggest non siano uguali a quelli proposti del servizio “Ricerche Correlate” dimostra che non possono basarsi sul medesimo algoritmo.
Il Tribunal de grande instance ha quindi condannato l’azienda di Mountain View, constatando come il suggerimento di parole possa incuriosire gli utenti e portarli a scegliere più spesso i termini di ricerca proposti, contribuendo, in questo modo, a rendere sempre più frequenti gli stessi accostamenti, in una sorta di “effetto valanga”.
Google dovrà perciò rimuovere i sostantivi considerati diffamatori dalla lista dei suggerimenti e pagare le spese processuali del querelante. Per il risarcimento dei danni è stata invece fissata una cifra simbolica di un euro.
I legali di Mountain View hanno annunciato il ricorso in appello.
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