Il ricorso in appello per l’affidamento di un minore negli Stati uniti ha riportato l’attenzione sulla questione giuridica del photo tagging.
La pratica è nota a quanti frequentano i social network: taggare qualcuno significa apporre su una foto pubblicata online l’indicazione dell’identità dei soggetti immortalati.
Le possibili conseguenze negative per le persone taggate, soprattutto se a loro insaputa, sono state ampiamente riportate. Una foto pubblicata su un social network può avere effetti imprevedibili sulla reputazione personale. Emblematico in questo senso è il caso, ormai celebre, della “piratessa ubriaca“, una giovane insegnante americana al quale è stata negata l’abilitazione all’insegnamento a causa di una foto che la ritraeva in stato di ebbrezza.
Anche il nuovo caso americano si incentra su un “ritratto con bottiglia”. Una corte di primo grado ha recentemente assegnato l’affidamento di un minore al padre proprio a causa di una foto che ritraeva la madre nell’atto di bere una bevanda alcolica. La foto è stata giudicata come una prova di particolare rilevanza in quanto la donna, che soffre di disturbi della personalità, sarebbe sotto la cura di particolari farmaci che non devono essere assunti insieme ad alcool.
Durante il ricorso gli avvocati della donna si sono appellati, fra altre cose, anche alla supposta inammissibilità della foto come prova. La tesi è che la mancata autorizzazione ad essere taggata da parte della donna ritratta comporta una pubblicazione illecita, che non può quindi essere ammessa come prova.
Il giudice ha però chiarito che una simile teoria non è supportata dalla legge americana. Nella legislazione degli Stati Uniti non c’è infatti nessun accenno ad una “richiesta di autorizzazione” per pubblicare una foto su un social network o per taggare i soggetti in essa ritratti. Il ricorso ha così respinto la richiesta della madre e il minore è rimasto in affidamento al padre.
La decisione del giudice ha suscitato un certo interesse sulla rete in quanto ha sancito che è legale taggare qualcuno anche senza il suo consenso. Alcuni commentatori hanno sottolineato come la richiesta dei legali della donna avrebbe avuto più possibilità di successo se collegata all’impossibilità di stabilire la data della foto o l’effettivo contenuto di alcool della bevanda immortalata. Non sembrano comunque essere state sollevate critiche alla decisione del giudice.
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