Esaminare il tema, assai complesso, della responsabilità del provider oggi impone di distinguere due profili: il primo, tecnico-giuridico; il secondo, di politica legislativa.
1) Profilo tecnico-giuridico: applicazione delle norme vigenti
L’aspetto tecnico-giuridico è in estrema sintesi il seguente: è corretto argomentare, come fanno molte recenti sentenze italiane, nel senso dell’esclusione dell’esonero da responsabilità per il provider previsto dall’art. 17 del d. lgs. 70/2003? E quindi affermare che il provider è responsabile?
L’art. 17 dispone che il provider non è tenuto ad un obbligo di sorveglianza.
L’art. 16 dispone che il provider di hosting non è responsabile delle informazioni memorizzate se non è a conoscenza del fatto che l’informazione è illecita.
Il provider è invece responsabile se non rimuove o disabilita l’accesso, ma avendo ricevuto una richiesta dell’autorità.
La questione cruciale è: chi qualifica l’illiceità dell’informazione?
Certo non il soggetto che è interessato a rimuovere l’informazione, né il provider che cautelativamente potrebbe scegliere (anche a legislazione vigente) di rimuovere sempre le informazioni. Dovrebbe provvedere un terzo, rispetto alle parti, cioè il giudice.
Questa è la questione più delicata: la prova della conoscenza da parte del provider e la qualificazione dell’illiceità delle informazioni.
2) Profilo di politica legislativa: modifiche normative
Se si ritiene che chi trae anche indirettamente profitto dalla pubblicazione delle informazioni ne debba rispondere, allora va modificata la normativa vigente e va adottato un regime giuridico più vicino al DMCA statunitense, ove si declinano l’effettiva conoscenza e il sistema di notice and take down. E a questo ordinamento sembra ispirarsi il giudice della sentenza Yahoo!.
La giurisprudenza italiana sembra stia cercando di costruire una responsabilità del provider come fornitore di contenuti, nonostante una previsione normativa in senso diverso. Ma occorre un intervento legislativo.
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