La Suprema Corte del Canada si è recentemente pronunciata su un caso incentrato sull’attribuzione di responsabilità per la pubblicazione di link che rimandano a contenuti ritenuti diffamatori.
Il giudice Rosalie Silberman Abella ha sostenuto che tale responsabilità non è da attribuirsi a chi pubblica i link, dal momento che i collegamenti sono meri riferimenti, e non possono essere ritenuti pubblicazioni. Come i riferimenti bibibliografici, infatti, “entrambi comunicano che qualcosa esiste ma di per sé non sono in grado di comunicare i contenuti. Entrambi richiedono un’azione da parte di un terzo soggetto, prima che lo stesso possa accedere al contenuto. Il fatto che l’accesso ad un contenuto sia reso molto più facile da un link cha da una nota a pié di pagina non cambia la realtà che un link, di per sé, è un oggetto neutrale. Non esprime opinioni e non ha controllo sul contenuto al quale rimanda”.
I link inoltre sono una parte indispensabile del processo di diffusione delle informazioni proprio della rete. Per questa ragione, secondo il giudice canadese, “limitare la loro utilità assoggettandoli alle tradizionali regole delle pubblicazioni avrebbe l’effetto di restringere seriamente il flusso di informazioni e, di conseguenza, la libertà di espressione. Il potenziale “congelamento” nelle funzioni di Internet potrebbe essere devstante, dal momento che gli autori di un articolo difficilmente vorrebbero rischiare una diretta responsabilità per aver rimandato ad un secondo articolo sul quale essi non hanno alcun controllo del contenuto”.
La decisione della Corte canadese è stata ripresa da molti magazine internazionali e alcuni commentatori si sono mostrati “stupiti” della necessità di questa sentenza. Tuttavia la questione della responsabilità sui link è di grande attualità anche in Italia, come dimostra la vicenda di Yahoo! recentemente trattata su queste pagine.
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