Il dominio di primo livello “.eu” è stato introdotto per segnalare l’afferenza all’Unione Europea, alla sua legislazione e al suo mercato e pertanto deve essere assegnato solo ad aziende e privati residenti in stati membri.
Questo l’assunto alla base del parere della Corte di Giustizia Europea, interpellata dalla Corte d’appello di Bruxelles sul caso di una contesa di un dominio “.eu” tra una società americana ed una belga.
Il caso ha origine nel 2005, a pochi mesi dall’apertura delle vendite del dominio “.eu”. La Walsh Optical, un’azienda americana che vende occhiali da vista attraverso il sito www.lensworld.com, richiede alla EURid, la società che gestische l’assegnazione dei domini “.eu”, l’attribuzione del dominio www.lensworld.eu attraverso l’intercessione di una società di consulenza belga che inoltra la richiesta per suo conto.
Un anno dopo, la Pie Optiek, una ditta belga di occhiali e lenti proprietaria del sito www.lensworld.be, presenta una richiesta per lo stesso dominio. L’EURid è però costretta a rigettare la richiesta per via della precedente registrazione da parte della società di consulenza. La Pie Optiek si oppone, reclamando il diritto all’acquisto del dominio e accusando la società di consulenza belga di speculazione per aver comprato il dominio per conto della società americana.
La Corte d’appello di Bruxelless, chiamata a pronunciarsi sul contenzioso, chiede dunque alla Corte di Giustizia Europea di gettare luce sulla definizione di licenziatario eleggibile per i domini “.eu”.
Secondo il consulente legale della Corte Europea Verica Trstenjak, la chiave di lettura risiede nel rapporto contrattuale instaurato fra la Walsh Optical e la società di consulenza belga. Nonostante infatti sia denominato “accordo di licenza” (license agreement), di fatto il contratto stipulato fra le due compagnie non è una licenza ma un contratto per la fornitura di servizi, dal momento che la società di consulenza aveva cercato di ottenere il dominio a beneficio esclusivo dell’azienda americana in cambio di un corrispettivo economico.
Avendo dunque svolto il ruolo di mero intermediario per una società senza base nell’Unione Europea, la società di consulenza belga non si può considerare come un legittimo licenziatario di un dominio “.eu”.
Con questa decisione, la Corte di Giustizia stabilisce un criterio che esclude che una società priva di residenza in uno stato membro possa aggirare le regole per il rilascio domini “.eu” affidando la commissione a terze parti.
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