Kickasstorrent.com, uno dei siti di condivisione di file più popolari al mondo, è da pochi giorni oggetto di un oscuramento preventivo ordinato dalla Procura di Cagliari, impegnata nell’ennesima indagine nell’ambito della pirateria informatica.
Sebbene attraverso portali come Kickasstorrents non sia possibile effettuare il download diretto di file contenti musica, film o programmi, questi siti permettono agli utenti di scambiarsi i cosiddetti “torrent”: file generati dagli utenti che svolgono la funzione di indicizzare le parti frammentate da cui è composto il contenuto che si desidera scaricare. Inserendo i torrent all’interno di un apposito software è quindi possibile rintracciare gli utenti in possesso delle varie parti del file che interessa e scaricarle.
Nonostante questo protocollo sia utilizzato dagli utenti specialmente per lo scambio illegale di file protetti da copyright, attraverso l’uso dei torrent è possibile diffondere e scambiare qualunque documento creato dagli utenti.
Secondo quanto riportato dalla stampa internazionale, Kickasstorrents mette a disposizione dei suoi visitatori oltre nove milioni e mezzo di file torrent, un numero comunque in crescita per via dei continui upload di nuovi torrent da parte degli utenti. Il noto portale, che ha sede legale nelle Filippine, riceve infatti giornalmente oltre 3 milioni di visite collocandosi al 321° posto tra i siti web più consultati nel mondo e al 96° posto tra quelli visitati in Italia. Nella classifica della provenienza degli utenti di Kickasstorrents l’Italia risulta infatti essere il terzo paese dopo India e Usa.
Da alcuni giorni tuttavia i cittadini italiani non possono più raggiungere il sito per via dell’oscuramento risultato dall’operazione “Last paradise” del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Cagliari, che, attraverso l’ordine del sostituto procuratore della Repubblica Giangiacomo Pilia, ha obbligato gli ISP italiani a inibire la visualizzazione del portale.
L’utilizzo dell’ordine di inibizione preventivo, già utilizzato in casi analoghi come quello di The Pirate Bay e di Btjunkie (peraltro oscurati anch’essi dalla GdF di Cagliari), ha nuovamente suscitato critiche da parte di giuristi e attivisti della rete, che hanno segnalato una diffusione sempre maggiore di questo strumento cautelare nel nostro paese. È stato notato infatti come negli ultimi anni si siano moltiplicati i casi di oscuramento di siti e blog attraverso ordini impartiti non da giudici, ma da altri soggetti quali pubblici ministeri o Authority.
Sebbene sia riconosciuto come strumento efficace per intervenire su siti che hanno la loro base giuridica all’estero, il provvedimento cautelare di oscuramento è uno strumento in grado di chiudere definitivamente l’attività di un sito web. Sempre dalla Guarda di Finanza di Cagliari giunge infatti un comunicato in cui viene reso noto che , dopo il provvedimento di oscuramento ordinati lo scorso anno dalla Procura del capoluogo sardo, il sito canadese Bitjunkie è stato definitivamente chiuso a causa del crollo della pubblicità, sua unica fonte di sostentamento.
Da più parti giugono nuovamente richieste per una normativa che affronti il tema dell’inibizione dei siti web e che possa prevedere, in presenza di circostanze di fatto che permettano di ricondurre in modo evidente l’attività illecita al territorio nazionale dell’Autorità procedente, anche un intervento extra-territoriale.
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