Il network di informazione Indymedia ha subito l’oscuramento di alcune sue pagine su richiesta di un giudice delle indagini preliminari di Milano, nell’ambito di un indagine per diffamazione a mezzo stampa.
L’ordine di “sequestro preventivo” è stato emesso dalla procura milanese lo scorso 24 maggio e riguarda il sito di Indymedia della regione Piemonte e alcune pagine dell sito della Toscana.
Dal momento che i server di Indymedia hanno sede all’estero, il sequestro preventivo è stato attualizzato ordinando agli ISP italiani di istituire un blocco di accesso alle pagine web incriminate. L’ordine, trasmesso il 13 giugno, impedisce ora agli utenti la lettura del testo all’origine della querela di diffamazione.
A quanto risulta da una superficiale ricerca sui motori di ricerca, si tratterebbe di un articolo dall’eloquente titolo “mafioso è bello” che, riportando documenti confidenziali, attesterebbe la disponibilità di una società multinazionale ad allacciare rapporti con la mafia russa.
Nonostante l’articolo sia anonimo, com’è prassi su Indymedia, l’autore sarebbe stato rintracciato dagli inquirenti.
Alcuni commentatori hanno sottolineato che l’inibizione all’accesso per i cittadini italiani attraverso i provider di accesso è di solito considerata l’extrema ratio da parte degli organi di pubblica accusa e che raramente viene impiegata per reati che hanno a che fare con la stampa. Tuttavia si tratta della seconda volta nel giro di pochi mesi che un portale attivo in italia subisce l’inibizione all’accesso per l’accusa di diffamazione a mezzo stampa.
Lo scorso febbraio un provvedimento emesso dal Gip di Belluno aveva ordinato di oscurare il portale www.vajont.info a causa di una frase ritenuta diffamatoria nei riguardi del parlamentare Maurizio Paniz (Pdl). L’accesso al sito era stato poi ripristinato dal tribunale del riesame di Belluno, che aveva definito illegittimo il sequestro preventivo, sottolineando che, nei casi di presunta diffamazione, il blocco degli accessi per gli utenti a carico dei provider dovesse ritenersi eccessivo rispetto al bene giuridico da tutelare.
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