I provider sono obbligati a rimuovere un contenuto dai loro servizi solo se tale contenuto è stato dichiarato illecito dalle autorità competenti.
Questa, in estrema sintesi, la motivazione con cui Tribunale di Firenze ha respinto un ricorso che chiedeva di ordinare a Google la rimozione di un link ad un sito sul quale, secondo il ricorrente, sarebbero stati diffusi alcuni contenuti in violazione dei suoi diritti di proprietà intellettuale e della sua reputazione.
Il giudice Anna Primavera, dopo aver rilevato che le supposte violazioni non erano state accertate dalle autorità ma si basavano solo sulle diffide della parte ricorrente, ha escluso la responsabilità del fornitore di servizi.
Alla luce dell’interpretazione dell’art.14 della Direttiva sul Commercio Elettronico fornita dalla Corte di Giustizia della CE, infatti, un prestatore di servizi non può essere ritenuto responsabile per i dati che ha memorizzato su richiesta di un inserzionista salvo che, dopo essere venuto a conoscenza della natura illecita di tali dati, abbia mancato di rimuoverli prontamente. Per valutare se un prestatore di servizi abbia effettiva conoscenza dell’illiceità di dati veicolati attraverso il suo servizio è tuttavia necessario che “un organo competente abbia dichiarato che i dati sono illeciti, oppure abbia ordinato la rimozione o la disabilitazione dell’accesso agli stessi, ovvero che sia stata dichiarata l’esistenza di un danno”.
La decisione del Tribunale di Firenze sancisce così che un fornitore di servizi non può essere obbligato a rimuovere un contenuto solo su segnalazione di un’azienda o di un privato cittadino dal momento che non basta una diffida di parte per sancire una violazione.
Questo assunto, alla base del principio di non responsabilità del provider, rischia di essere delegittimato dall’eventuale approvazione della già citata proposta di emendamento dell’On.Fava. Il parlamentare propone infatti una normativa che delinea un profilo di responsabilità per il gestore di servizi di hosting qualora esso sia al corrente di fatti o di circostanze “in base ai quali un operatore economico diligente avrebbe dovuto constatare l’illiceità dell’attività o dell’informazione, avvalendosi a tal fine di tutte le informazioni di cui disponga, comprese quelle che gli siano state trasmesse dal titolare del diritto violato”.
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