Nuove attribuzioni di responsabilità per Google, condannata dalla Corte Suprema Australiana per diffamazione ai danni di un cittadino che lamentava l’accostamento del suo nome ad immagini e notizie legate alla malavita australiana.
La compagnia americana dovrà versare un risarcimento danni di 200.000 dollari per aver associato, nei suoi risultati di ricerca, l’immagine di un cittadino australiano ad altre immagini ed articoli sulla malavita di Melbourne.
I fatti all’origine della causa legale risalgono al 2004, quando Google ha diffuso immagini legate a una notizia di cronaca che coinvolgeva Milorad Trkulja, un promotore d’intrattenimento jugoslavo emigrato in Australia, in quanto vittima di un colpo di arma da fuoco durante una cena in un ristorante di Melbourne.
Le indagini della polizia non hanno mai chiarito mai le circostanze del fatto e, non essendo mai stato evidenziato nessun rapporto tra Trkulja e i suoi assalitori, ad oggi il coinvolgimento dell’uomo si limita ad essere quello di vittima casuale di una sparatoria. Ciononostante, in seguito all’accaduto digitando sul motore di ricerca il nome di Trkulja la sua foto compariva nei risultati associata alla didascalia “Melbourne Crime” e accanto a quella di noti esponenti della malavita locale.
Nel 2009 i legali del signor Trkulja hanno contattato Google chiedendo di rimuovere i contenuti diffamatori e in seguito hanno depositato la denuncia alle autorità.
L’azienda di Mountain View ha sostenuto in tribunale che i risultati di ricerca vengono presentati in base ad un processo automatico gestito da un software e che pertanto nessuna responsabilità di tipo editoriale poteva essergli imputata, in quanto si trattava di una “disseminazione innocente”.
La giustificazione della difesa è stata accettata dalla giuria della Corte Suprema di Victoria solo in parte. La Corte ha infatti rilevato un’attività editoriale in capo a Google, per il fatto che l’accostamento delle parole e delle immagini, sebbene automatico, viene creato da Google stesso, e non da terzi. Pur riconoscendo la natura automatica di tale attività, il giudice ha tuttavia contestato a Google il fatto di non aver cancellato i contenuti dopo aver ricevuto la richiesta di rimozione da parte di Trkulja.
La mancata ottemperanza alla richiesta è così costata all’azienda californiana la condanna ad un risarcimento per danni economici e morali conseguenti alla infelice associazione.
La sentenza (disponibile QUI) si aggiunge a quella di una causa intentata per motivi analoghi da Trkulja contro Yahoo, per cui aveva ottenuto un risacimento di 234.000 dollari.
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