Ritirata l’ordinanza che bloccava l’utilizzo dell’app in tutto il paese, ma per WhatsApp rimane l’obbligo di consegnare i messaggi degli utenti su richiesta delle autorità brasiliane.
Lo scorso 11 febbraio un giudice dello Stato di Piauì (nord del Brasile) aveva ordinato la sospensione del servizio di messaggistica istantanea in tutto lo stato Brasiliano.
La decisione era stata presa in seguito alla mancata collaborazione di WhatsApp su un’indagine relativa a un caso di pedofilia risalente al 2013. La compagnia americana aveva negato al nucleo investigativo della Polizia Civile di Piauí l’accesso alle informazioni contenute in messaggi scambiati da alcuni clienti del servizio sul territorio brasiliano.
A fonte del reiterato rifiuto di Whatsapp di fornire le informazioni richieste, il giudice Luiz de Moura Correia del Distretto di Teresina ha ordinato ai principali ISP mobili del Brasile di inibire l’accesso al servizio nei confronti di tutti i clienti sull’intero territorio nazionale.
L’opinione pubblica ha reagito duramente alla notizia, esprimendo critiche nei confronti del giudice e pubblicando contenuti satirici sui principali social network.
Le compagnie telefoniche hanno disposto un immediato ricorso e il 26 febbraio i giudici Raimundo Nonato da Costa Alencar e José Ribamar Oliveira, del Tribunale di giustizia di Piauí hanno annullato la sentenza del giudice Correia salvguardando il diritto all’utilizzo dell’App da parte degli utenti brasiliani.
Tuttavia, hanno fatto sapere i giudici, la decisione di annullare il blocco nazionale non esime WhatsApp dall’obbligo di fornire le informazioni richieste dalle autorità investigative brasiliane.
L’obbligo è sancito dal Marco Civil, la “costituzione di Internet” del Brasile, che dispone che tutti i servizi offerti su Internet ai cittadini brasiliani siano soggetti alla legge del paese.
Secondo un recente report, nel 2014 Whatsapp è stato il quarto applicativo mobile più usato in Brasile e ha veicolato il 13% del traffico mobile di tutto il paese.
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