Il “Focus Norme e Tributi” allegato al Il Sole 24 Ore del 25 novembre 2015 ha ospitato una pagina firmata dalla Prof. Giusella Finocchiaro e dai suoi collaboratori, Matilde Ratti e Alessandro Candini dedicata al tema delle clausole abusive nei contratti online. Vi proponiamo qui un estratto della pagina, rimandando – per la versione completa ed integrata da approfondimenti – alla versione online disponibile sulla pagina del sito del Sole 24Ore dedicata ai focus e riservata agli abbonati.
Nello scenario europeo, il fenomeno del commercio elettronico è disciplinato dalla direttiva 2000/31/Ce sul commercio elettronico, che stabilisce regole minime applicabili ai contratti conclusi su Internet. […]
In relazione ai contratti conclusi dal consumatore online, sono previste regole uniformi in materia di clausole abusive, di obblighi informativi e di recesso. Prevista anche una tutela processuale.
Quando il consumatore conclude un contratto con un professionista senza poter incidere sulle condizioni contrattuali (si pensi ai contratti predisposti sui siti Internet, in cui il consumatore può solo apporre un click per concludere l’acquisto), è applicabile la direttiva 93/13/Cee (come modificata dalla direttiva 2011/83/Eu).
Secondo la direttiva, gli Stati membri devono prevedere che il consumatore non sia vincolato dalle clausole abusive presenti nel contratto. Si tratta di quelle clausole che non sono state oggetto di trattativa tra il professionista e il consumatore e che determinano un significativo squilibrio tra i diritti delle due parti. Così accade, ad esempio, in Italia, dove il Codice del consumo (Dlgs 206/2005) prevede che tali clausole siano radicalmente nulle (anche nel contratto concluso online), a meno che il professionista non provi che sono state oggetto di una specifica trattativa intercorsa con il consumatore.
Nei contratti B2C conclusi online, il professionista ha un obbligo rafforzato di informare il consumatore circa le circostanze e le condizioni di contratto. La direttiva 2011/83/ Eu prevede, ad esempio, che il professionista debba informare il consumatore circa le caratteristiche principali dei beni o servizi che acquista e che gli renda nota la sua identità e l’indirizzo geografico dove è stabilito.
Ad ulteriore tutela del consumatore che acquista beni su Internet, la direttiva 2011/83/Eu prevede la possibilità di recedere dal contratto entro quattordici giorni senza dover fornire alcuna motivazione.
Quanto alla tutela processuale, il regolamento 1215/2012/Ue prevede che il giudice competente a decidere una controversia relativa a un contratto B2C possa differire, a seconda che l’azione sia proposta dal consumatore o dal professionista. Se l’azione viene proposta dal consumatore, questi potrà scegliere se radicare la controversia presso l’autorità del luogo in cui è domiciliato o, in alternativa, proporla innanzi al giudice dello Stato membro in cui è domiciliata l’altra parte. Al contrario, nel caso l’azione sia proposta dal professionista, questi potrà rivolgersi solo al giudice dello Stato membro nel cui territorio è domiciliato il consumatore.
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