Dopo due anni di indagini da parte della procura di Milano e dell’Agenzia delle Entrate si è giunti a una definizione della controversia con la società americana con sede europea in Irlanda.
La vicenda ha avuto origine nel novembre del 2013, quando una perquisizione nella sede milanese della società per ordine della procura di Milano aveva permesso di ricostruire una mappa dettagliata del meccanismo di vendita dei prodotti Apple nella penisola. La multinazionale avrebbe costituito un’architettura societaria a prova di verifica fiscale con al centro la sede Irlandese.
I versamenti al fisco italiano sarebbero stati limitati alle funzioni di supporto al canale di vendita, di assistenza e di servizi accessori, sebbene Apple operasse in Italia con una attività commerciale diretta, per la quale pagava tasse sul territorio irlandese.
Da alcune email, inserite nell’atto di chiusura indagini, si sarebbe appreso che l’attività di Apple Italia non fosse limitata al supporto territoriale di marketing. Stando a quanto riportato da fonti di stampa, al fatturato dichiarato dalla società, compreso tra 30 e 40 milioni di euro l’anno, andrebbe sommato quindi un imponibile evaso stimato oltre un miliardo di euro nel solo biennio 2010-11.
I 318 milioni di euro che saranno versati da Apple riguardano le dichiarazioni dei redditi comprese tra il 2008 e il 2013. La società ha accettato tutti i rilievi delle ispezioni che ha visto impegnati l’Anti-frode, l’Ufficio grandi contribuenti e il ruling delle Entrate.
La Procura di Milano a conclusione dell’inchiesta nel marzo 2015 aveva riscontrato una omissione nei versamenti dell’IRES per 880 milioni di euro e aveva proceduto inoltrando avvisi di garanzia per due manager italiani dell’azienda e per il vertice della società irlandese. La formalizzazione dell’accusa era di omessa dichiarazione dei redditi, punibile con una pena da uno a tre anni. L’accordo ora siglato potrebbe alleggerirne la posizione al momento del rinvio a giudizio.
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