Proponiamo qui l’intervista a Giusella Finocchiaro comparsa sul numero di dicembre 2015 del magazine del Consorzio Interuniversitario CINECA.
I principi giuridici a cui si fa riferimento in Internet scaturiscono dai principi generali del diritto o da discipline ad hoc?
I principi generali del diritto, naturalmente, sono sempre i medesimi, e d’altra parte non avrebbe senso approcciarsi al diritto cercando una soluzione ad hoc e una norma ad hoc per ogni problema specifico, senza attribuire la rilevanza necessaria al quadro d’insieme. Non è quindi sempre vero che per regolamentare le nuove tecnologie occorrono nuove norme. Inoltre, occorre evitare il luogo comune secondo cui la tecnologia corre e il diritto arranca. E’ una suggestione che non ha riscontro nella realtà, come dimostrato, ad esempio, dalla normativa in materia di firme elettroniche che, in Italia, ha visto la legge precedere la tecnica e addirittura il bisogno.
Recentemente si è affermato il principio secondo cui il diritto deve essere tecnologicamente neutro. In base a questo principio il legislatore non deve condizionare il mercato, favorendo questa o quella tecnologia, né deve condizionare lo sviluppo della tecnica. L’approccio è «funzionale» perché non si norma l’oggetto, ma la funzione. Occorre evitare di creare dei vincoli nei confronti di un determinato sviluppo tecnologico o commerciale, al contrario è necessario stabilire dei principi generali che possano rimanere invariati per un certo periodo di tempo, senza essere vincolati al mutamento delle tecnologie.
Oltre la firma elettronica, un altro caso emblematico è rappresentato dalla disciplina a tutela dei consumatori prevista per i contratti a distanza. Chiaramente si fa riferimento ad una modalità, ma non ad una specifica tecnologia. Da un punto di vista normativo, dunque non è rilevante, distinguere fra acquisti fatti ad esempio tramite un App o tramite un sito web tradizionale.
In merito alla tutela dell’utente sono ben noti il diritto alla privacy e il diritto d’autore, ma si parla anche di diritto all’oblio: di cosa si tratta?
Il diritto all’oblio non costituisce un diritto autonomo ma è sempre la declinazione di altri diritti normativamente riconosciuti. Tradizionalmente con la definizione di diritto all’oblio si fa riferimento al diritto di un soggetto a non vedere ripubblicate alcune notizie relative a vicende, già legittimamente pubblicate, rispetto all’accadimento delle quali è trascorso un notevole lasso di tempo.
Naturalmente su Internet il tempo da considerare non è più quello trascorso tra la pubblicazione dell’informazione e la ripubblicazione, ma quello trascorso dal tempo della pubblicazione che perdura. Il fattore tempo è rilevante non solo per quanto riguarda gli eventi di cronaca, ma anche per eventi in relazione ai quali un periodo significativo sia ormai trascorso e invece manchino elementi di contestualizzazione nel tempo. In questi casi, la giurisprudenza ha ravvisato la violazione del diritto all’identità personale.
Il problema è quello di attribuire un peso all’informazione per garantire che l’identità di un soggetto non sia travisata sulla Rete. Come ha affermato la decisione della Corte di cassazione 5 aprile 2012, n. 5525, l’obiettivo si può raggiungere contestualizzando l’informazione. Non si tratta dunque del diritto a dimenticare, ma del diritto a contestualizzare. Il tema sotteso, ma che emerge prepotentemente è quello della tutela dell’identità, nella molteplicità delle sue esplicazioni.
Lo scenario e la prospettiva non sono dunque quelli della singola informazione su di un determinato individuo relativo ad un evento determinato e reperibile tramite Google, bensì quelli della tutela della persona nella rete Internet, la quale oggi spesso viene percepita come un unico archivio, anche se non lo è, e costituisce una rilevante fonte informativa, spesso l’unica.
“Il Diritto nella Rete”, ma anche “la Rete nel Diritto”: in che modo Internet ha influenzato o modificato i principi del diritto comune?
Se in linea generale i principi del diritto comune restano invariati, è innegabile che con l’avvento delle nuove tecnologie il giurista si trova di fronte a nuove sfide. Quanto esposto sul diritto all’oblio è esemplificativo. Se nel mondo fisico l’elemento chiave è rappresentato dal concetto di “ripubblicazione”, su Internet è invece necessario riferirsi al tempo di permanenza dell’informazione, dal momento che non si tratta di un evento che si ripropone all’attenzione del pubblico, bensì di un evento che potenzialmente non è mai uscito dall’attenzione del medesimo. E quindi l’esigenza che in questo caso il diritto vuole soddisfare è diversa perché non è più quella di non ripubblicare, ma quella di collocare la pubblicazione, avvenuta magari legittimamente molti anni addietro, nell’attuale presente.
Una Rete senza frontiere: quanto le norme di diritto internazionale sono state investite da Internet?
Valgono le stesse considerazioni già fatte in linea generale. È chiaro che l’avvento della rete ha posto anche a livello internazionale la necessità di disciplinare specifici scenari: penso in primo luogo alle normative finalizzate a favorire l’uso della rete quale strumento di commercio e conseguentemente alla disciplina posta a tutela dei consumatori.
Discorso a parte per le convenzioni internazionali nate per facilitare la cooperazione fra le forze dell’ordine in relazione a crimini commessi per via telematica, penso ad esempio alla Convenzione del Consiglio d’Europa di Budapest sulla criminalità informatica del 23 novembre 2001.
Qual è il giudice naturale competente per le controversie in internet?
Dipende dalla natura della controversia. Si applicano le stesse regole procedurali del mondo fisico, il problema che Internet pone è che non sempre è immediata l’individuazione della giurisdizione competente.
Lei è docente all’Ateneo bolognese, a suo avviso, in che maniera Internet ha rivoluzionato il mondo dell’università? Si tratta solo di nuovi strumenti disponibili per le amministrazioni e per gli studenti, o anche qualcosa d’altro, nella mentalità ad esempio, è cambiato?
Ci sono pro e contro nell’utilizzo della rete, anche da parte del mondo universitario. Com’è ovvio, l’accesso immediato ad una maggiore quantità di informazioni ha reso più veloce il processo di ricerca e più ampia la portata di accesso ai testi di studio. Va tuttavia sottolineato che l’informazione archiviata su Internet non è ordinata: tutte le informazioni in rete sono appiattite, si trovano sullo stesso livello. Da un punto di vista accademico la ricerca in rete pone delle difficoltà agli studenti, perché non sempre sono in grado di rendersi conto dell’autorevolezza della fonti che stanno consultando. Al contrario, la consultazione dei testi cartacei in biblioteca assicura un maggior controllo sull’informazione e permette di distinguere più facilmente fra fonti originarie e opere derivate.
Per quanto riguarda invece il cambiamento che la rete ha portato da un punto di vista amministrativo, va ricordato che la pubblicità, cioè il modo di rendere conoscibili le informazioni, non è la stessa su Internet e fuori da Internet. Su Internet chiunque può fruirne senza limiti, a meno che non siano disposti espressamente restrizioni di accesso (aree riservate, password, ecc.) e limiti temporali. Dunque la pubblicazione on line e la pubblicazione off line costituiscono situazioni giuridiche differenti. L’Ateneo bolognese si è dotato di un regolamento innovativo sulla pubblicità degli atti che tiene conto del tempo di pubblicazione, il quale viene limitato a tre anni, delle modalità di accesso e dell’essenzialità del contenuto di ciò che deve essere pubblicato. Trasparenza non significa pubblicare tutto su Internet che, non dimentichiamolo, è un deposito e non un archivio strutturato della conoscenza.
Lei è stata tra le prime in Italia, a occuparsi di queste materie, e oggi è una delle più importanti esperte a livello internazionale, con incarichi e riconoscimenti importanti: cosa l’ha attratta all’inizio, e che bilancio fa oggi di questa esperienza?
Devo dire che dalla mia posizione di professionista preferisco sempre evitare di fare un bilancio su ciò che è stato fatto, perché preferisco guardare alle cose che devo ancora fare, nella volontà di migliorare sempre. Però senz’altro posso dire che sono soddisfatta di aver scelto di intraprendere lo studio di una branca del diritto che è continuamente fonte di nuovi stimoli.
Ho iniziato spinta dalla curiosità per un aspetto nuovo della giurisprudenza, animata anche da una passione per le innovazioni della tecnica. Nel mio campo di specializzazione ho quindi scoperto un aspetto affascinante della professione giuridica: la creatività del diritto. Credo quindi di essere stata fortunata, anche perché ho svolto sempre il mio lavoro con motivazione ed interesse, ma, per quanto soddisfatta, sono anche consapevole che ci sono molte nuove sfide da intraprendere.
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