Recentemente la Corte di Giustizia europea è stata chiamata a giudicare l’utilizzo di Internet e, in particolare, delle reti wi-fi c.d. libere (cioè non protette da password), impiegate sovente da utenti che, approfittando dell’anonimia assicurata dalla Rete, violano le prerogative del diritto d’autore.
Con sentenza del 15 settembre 2016 relativa alla causa C-484/14, la Corte di Giustizia si è pronunciata a favore dell’assoluzione del gestore di una rete locale senza fili ad uso gratuito e accessibile senza autorizzazione che era stata impiegata da un utente per la diffusione di un’opera musicale on line senza il consenso dei titolari dei relativi diritti.
Riconoscendo il servizio di accesso a Internet come un servizio della società dell’informazione consistente nella mera fornitura di accesso a una rete di comunicazione, i giudici di Lussemburgo hanno ritenuto esente da ogni responsabilità il gestore della rete wi-fi ai sensi della direttiva 2000/31/CE. Quest’ultimo, come del resto i fornitori dei servizi di hosting, non ha infatti l’onere (né la materiale possibilità) di conoscere o controllare le informazioni trasmesse tramite la propria rete.
Tuttavia, operando un necessario equilibrio tra diritti fondamentali (nel caso di specie, libertà di impresa e diritto d’autore), la Corte ha aggiunto che l’autorità giudiziaria nazionale può esigere che un prestatore di servizi ponga fine ad una violazione dei diritti d’autore o che la prevenga, purché le misure tecniche a ciò finalizzate non restringano eccessivamente la libertà d’impresa del prestatore. Secondo la Corte di Giustizia, proteggere la rete wi-fi con una password rappresenta una misura tecnica che “non arreca pregiudizio al contenuto essenziale dei diritti” dei fornitori di servizi di accesso e, allo stesso tempo, è idonea a tutelare il diritto d’autore “nei limiti in cui gli utenti di detta rete siano obbligati a rivelare la loro identità e non possano quindi agire anonimamente”.
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