Dopo l’adozione del Regolamento UE 2016/679 (Regolamento generale privacy, RGPD) e la recente proposta di regolamento che porterà all’abrogazione dell’attuale Direttiva 2002/58/EC (Direttiva e-privacy), la Commissione europea aggiunge un ulteriore tassello al suo progetto di espansione e regolamentazione del mercato digitale europeo, avanzando la proposta di un regolamento “per un quadro sul libero flusso di dati non-personali all’interno dell’Unione europea”.
Il regolamento si affiancherebbe e integrerebbe l’attuale (e futura) disciplina europea in materia di dati, colmando quella che viene ritenuta una dannosa lacuna nel panorama normativo: la circolazione dei dati-non personali. Attraverso l’adozione e a breve implementazione del Regolamento privacy si è infatti venuta a creare la paradossale situazione per cui mentre per i dati personali è espresso il principio di una libera circolazione entro i confini europei (art. 1, comma 3° del Regolamento), lo spostamento dei dati “non-personali” risulta ancora subordinato agli obblighi di localizzazione disposti da alcune normative nazionali. Le imprese di alcuni paesi non sarebbero cioè ancora libere di scegliere tra i diversi provider di servizi cloud per la gestione e conservazione dei propri dati, a causa di alcune limitazioni territoriali imposte all’archiviazione degli stessi.
È ormai chiaro da tempo che la Commissione europea sia impaziente di affermare a livello internazionale una forte data economy “made in” UE. La rivoluzione operata dalle nuove tecnologie digitali basate sullo sfruttamento di dati, dal cloud computing all’Internet of things, offre nuove opportunità di sviluppo, crea nuovi servizi e mobilità nel mercato e, soprattutto, attira ingenti volumi di investimenti. La tendenza è confermata dalle statistiche: nel 2016 il mercato europeo dei dati si stima abbia raggiunto i 60 miliardi di Euro, con la previsione di un quasi raddoppio della cifra entro il 2020 . Numeri che si attestano comunque ben al di sotto del potenziale espresso da altre nazioni, tra cui gli Stati Uniti, che primeggiano ancora indisturbate nel settore digitale.
Per l’Europa la vera corsa al digitale è iniziata nel 2015, quando la Commissione ha adottato una strategia per il mercato unico digitale europeo, i cui pilastri sono stati individuati nella necessità di 1. migliorare l’accesso ai beni e servizi digitali in tutta Europa per imprese e consumatori; 2. creare un contesto favorevole e parità di condizioni affinché le reti digitali e i servizi innovativi possano svilupparsi; 3. massimizzare il potenziale di crescita dell’economia digitale.
Sulla base di queste linee direttive, nei passati due anni è stato adottato un eterogeneo ventaglio di azioni mirate alla modernizzazione normativa di alcuni settori e al rafforzamento delle tutele e della fiducia di utenti e consumatori (tra cui si collocano, l’adozione del RGPD, la proposta di regolamento e-Privacy, la proposta di regolamento sul copyright e quella sui digital content). A queste si sono affiancati pacchetti di misure dirette ad affrontare le tematiche di accessibilità e riutilizzo di dati pubblici o di pubblico interesse, di promozione di soluzioni di cloud europee e di una migliore collaborazione digitale tra pubbliche amministrazioni.
Un panorama, quindi, già costellato da numerose iniziative che, pur perseguendo ciascuna uno specifico obiettivo, disegnano insieme la trama di un neonato ecosistema digitale. In questo quadro, si inserisce la nuova proposta di regolamento per un libero flusso di dati-non personali.
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