Un odontoiatra era comparso nella trasmissione “Scherzi a parte” in veste d’attore, in un contesto del tutto estraneo alla sua professione, ma durante il programma erano stati resi pubblici sia il suo nome e cognome, sia nome e ubicazione del suo studio, senza autorizzazione dell’interessato.
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di Reti televisive italiane S.p.a. e Videotime S.p.a. contro una sentenza del 2014 della Corte di Appello di Roma che condannava le due società del gruppo Mediaset a risarcire un odontoiatra, per violazione della privacy.
La Corte d’appello, nell’emettere la sentenza, aveva rilevato che il professionista non aveva mai dato alle società interessate il consenso all’utilizzazione e alla diffusione televisiva del proprio nominativo, tantomeno in associazione alla propria attività professionale.
Reti Televisive Italiane S.P.A. e Videotime S.P.A avevano in seguito presentato ricorso in Cassazione, lamentando una violazione da parte della Corte dell’articolo 112 c,p.c. (in relazione al)’art. 360 n. 4 c.p.c.): secondo loro, infatti, La Corte avrebbe riconosciuto la sussistenza del danno subito dall’odontoiatra senza prove materiali del fatto che il denunciante avesse manifestato prima della trasmissione, la volontà di non essere identificato né associato alla propria professione.
In seguito al controricorso del medico, il 13 febbraio 2017 il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha infine rigettato il ricorso, ritenendo che la violazione dell’articolo 112 non sussista, avendo il giudice operato senza alterare nessuno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione.
Reti Televisive Italiane S.P.A. e Videotime S.P.A dovranno quindi corrispondere all’odontoiatra il risarcimento per danni morali più quello per le spese legali sostenute.
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