Diritto & Internet

Il Parlamento europeo su Amazon e simili: regole chiare su classifiche prezzi e identità venditori

Il 17 aprile 2019 il parlamento europeo ha approvato una proposta di direttiva che aggiorna le regole sulla protezione dei consumatori online per contrastare le recensioni ingannevoli e il fenomeno relativo alla “doppia qualità” dei prodotti. La direttiva sarà ora sottoposta all’approvazione formale del Consiglio dell’Unione europea. 

La nuova normativa, parte del pacchetto “Nuovo accordo per i consumatori“, modifica quattro direttive esistenti in materia di protezione diritti dei consumatori: le pratiche commerciali sleali, i diritti dei consumatori, le clausole contrattuali abusive e l’indicazione dei prezzi.

In particolare, mira a garantire ai consumatori maggiori informazioni sul funzionamento delle classifiche comparative dei prezzi e l’obbligo di evidenziare indicazioni “sponsorizzate”.

Com’è noto, nel visitare i marketplace – i portali di acquisto online come Amazon, eBay, AirBnb, Skyscanner, etc. –  i consumatori sono destinatari di una varietà di offerte provenienti sia da fornitori terzi che dai portali stessi. Spesso non sono presenti informazioni sul modo con cui sono state classificate le offerte, né sull’identità dei venditori. Pertanto molti consumatori sono erroneamente portati a pensare di star comprando dal mercato online, e di stipulare quindi un contratto con esso, quando invece stanno acquistando da un fornitore terzo elencato o da un privato. Una malinteso che può aggravare la situazione in caso di problemi legati ad un acquisto online, poiché non è sempre semplice stabilire chi sia il responsabile.

La proposta introduce obblighi di informazione supplementari nella direttiva 2011/83/UE, in base ai quali i marketplace online e i servizi comparativi dovranno rivelare i principali parametri che determinano la classificazione delle offerte risultanti da una ricerca, se il contratto è concluso con un professionista o con un privato, se si applica la normativa di tutela dei consumatori, e quale professionista (fornitore terzo o mercato online) è responsabile di garantire i diritti dei consumatori relativi al contratto (come il diritto di recesso o la garanzia legale).

Inoltre, i consumatori che usano strumenti di confronto delle offerte si aspettano risultati di ricerca “naturali” od “organici” basati sulla pertinenza, non su accordi di tipo pubblicitario. In linea con il documento di orientamento del 201610 relativo alla direttiva 2005/29/CE, le disposizioni dovrebbero imporre esplicitamente alle piattaforme online di indicare i risultati di ricerca che contengono “posizionamenti a pagamento” (cioè i casi in cui i terzi pagano per comparire ai primi posti), o “inclusioni a pagamento” (cioè i casi in cui i terzi pagano per figurare nell’elenco dei risultati).
La direttiva tratta inoltre la questione della cosiddetta “doppia qualità dei prodotti”, ovvero i prodotti, commercializzati con lo stesso marchio in diversi Paesi UE, che differiscono per composizione o caratteristiche.La proposta modifica la direttiva 2005/29/CE indicando esplicitamente che la promozione di un prodotto presentato come identico ad un altro prodotto con lo stesso nome commercializzato in altri Stati membri, ma che presenta una composizione o caratteristiche significativamente diverse, è una pratica commerciale ingannevole che le autorità competenti dovrebbero valutare e trattare caso per caso secondo le disposizioni della direttiva.
Inoltre, il testo include una clausola di riesame che impone alla Commissione di valutare la situazione entro due anni, per verificare se la doppia qualità dei prodotti debba essere aggiunta alla lista nera delle pratiche commerciali sleali.La proposta di direttiva introduce inoltre una misura per le sanzioni. Per le infrazioni diffuse (ossia quelle che danneggiano i consumatori in diversi Paesi UE), l’ammenda massima disponibile negli Stati membri deve ammontare ad almeno il 4% del fatturato annuo del commerciante nell’esercizio finanziario precedente o, qualora non fossero disponibile informazioni sul fatturato, a un importo forfettario pari a due milioni di euro.

La nuova legislazione contiene anche un alleggerimento degli oneri alle imprese, accordando ai professionisti una maggiore flessibilità nello scegliere il mezzo di comunicazione più appropriato con i consumatori. La proposta di modifica alla direttiva 2011/83/UE consentirà ai professionisti di usare i nuovi mezzi di comunicazione online, come moduli web o chat in alternativa alla tradizionale posta elettronica, purché il consumatore possa tenere traccia di tali comunicazioni. La proposta elimina inoltre due specifici obblighi per i professionisti riguardo al periodo di diritto di recesso di 14 giorni, poiché si sono rivelati un onere sproporzionato: il primo è l’obbligo, per il professionista, di accettare il recesso anche nel caso in cui un consumatore abbia usato una merce ordinata e non si sia limitato a provarla come avrebbe potuto fare in un negozio tradizionale. Il secondo è l’obbligo, per il professionista, di rimborsare il consumatore ancor prima di aver ricevuto indietro le merci restituite.

La direttiva, approvata con 474 voti favorevoli, 163 contrari e 14 astensioni, sarà ora sottoposta all’approvazione formale del Consiglio dei ministri UE. Gli Stati membri disporranno di 24 mesi dalla data di entrata in vigore della direttiva per recepirla nel diritto nazionale.

Direttore Scientifico
Prof. Avv. Giusella Finocchiaro
Curatrice Editoriale
Dott. Giulia Giapponesi

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