Vi proponiamo uno stralcio dell’articolo di Ilaria Venturi pubblicato il 31 marzo 2020 su Repubblica (Rep:).
La pandemia sta mettendo a rischio un diritto fondamentale: quello alla privacy. «Dovremo ricordarcene quando usciremo dall’emergenza, e sarà un passaggio critico: la grande massa di dati raccolta in questo periodo, legittimamente, in nome della tutela della salute, farà gola a molti», mette in guardia Giusella Finocchiaro, giurista e presidente della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna. Su uno dei nodi sollevati nel dibattito diRepubblica intorno a salute e libertà individuali, parla la docente dell’Alma Mater, tra le massime esperte in diritto delle nuove tecnologie e privacy.
Signora Finocchiaro, con le misure restrittive siamo già andati oltre, rispetto a tutela e protezione dei dati personali? «Il momento è delicato, ma più per il dopo emergenza che per la sua gestione. Il diritto alla protezione dei dati personali è un diritto fondamentale ma non assoluto: si bilancia con altri diritti. Le restrizioni alla nostra mobilità comprimono altri diritti fondamentali, che in questa emergenza vengono dopo il diritto alla salute».
Per arginare i contagi è corretto controllare gli spostamenti delle persone coi dati dei cellulari? «La Lombardia l’ha già fatto: mantenendo l’informazione anonima, ha tracciato i dati del traffico telefonico per verificare dove si trovavano le persone, con chi erano entrate in contatto. Una geolocalizzazione giustificata dal controllo sull’osservanza delle norme».
La Corea del Sud ha attinto a Gps e carte di credito. Si può fare? «Il modello coreano si è spinto al limite della protezione dei dati personali….
L’articolo completo è disponibile su Rep: a QUESTO INDIRIZZO.