Vi proponiamo qui l’articolo di Giusella Finocchiaro pubblicato su MediaLaws il 9 giugno 2020.
La scelta di procedere al contact tracing attraverso l’app Immuni ha fatto molto discutere nelle settimane passate, con toni forse più adatti al confronto fra tifoserie che al dibattito giuridico.
Molte le critiche sulla conformità della app alla normativa vigente, fra le quali, la più forte, che costituisse una minaccia per la privacy e per la protezione dei dati personali.
Oggi forse i tempi sono maturi per un confronto meno emotivo che consenta di fare il punto. Soprattutto, oggi sappiamo come funziona Immuni e il quadro normativo di riferimento è completo: dal d.l. 30 aprile 2020, n. 28, ai pareri del Garante 29 aprile 2020 n. 79 e 1° giugno 2020 n. 95.
Può essere dunque utile cercare di ridisegnare lo scenario complessivo.
I diritti astrattamente minacciati sono il diritto alla protezione della vita privata e il diritto alla protezione dei dati personali. Il primo è tutelato dall’art. 7 della Carta europea dei diritti fondamentali e consiste nel diritto di ogni individuo al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle sue comunicazioni. Il secondo è tutelato dall’art. 8 della Carta e consiste nel diritto di ogni individuo alla protezione dei dati di carattere personale che lo riguardano.
Il diritto che ha conosciuto la sua massima popolarità nelle scorse settimane non è stato il diritto alla privacy in senso stretto, nella storica accezione di diritto alla riservatezza, bensì il diritto alla protezione dei dati personali.
Veniamo al funzionamento di Immuni, descritto nel parere del Garante. [CONTINUA SU MEDIALAWS]