La sentenza C623/17 della Corte di Giustizia europea ha stabilito che le esigenze di sicurezza nazionale e il contrasto alla criminalità non legittimano, per sé, la conservazione indiscriminata, da parte dei fornitori dei servizi di comunicazione elettronica, dei dati di traffico.
Sono dunque da ritenersi non conformi alla Direttiva sull’e-privacy le leggi nazionali di UK, Belgio e Francia che impongono alle società di telecomunicazione la trasmissione generalizzata dei dati personali alle agenzie di intelligence in nome della sicurezza nazionale.
La Corte ha altresì chiarito che nelle situazioni in cui uno Stato Membro stia fronteggiando serie minacce alla sicurezza nazionale che possano essere dimostrate come realmente presenti o prevedibili, può richiedere, in deroga all’obbligo della riservatezza dei dati nelle comunicazioni elettroniche, che i dati vengono trattenuti, in via generale e indiscriminata, per un periodo di tempo limitato allo stretto necessario, eventualmente esteso se la minaccia rilevata rimanesse presente.
La Corte, definendo questa deroga come “un’interferenza nei diritti fondamentali”, richiede la salvaguardia di questi ultimi, e sancisce l’obbligo di revisione da parte di una Corte o di un’autorità amministrativa indipendente.
In una prima nota sull’argomento il Garante della Privacy ha commentato: “La proporzionalità resta, dunque, la chiave per affrontare l’emergenza, in ogni campo, secondo lo Stato di diritto”.
La decisione della Corte, chiarisce il Garante, rappresenta la coerente conclusione del percorso iniziato “con le sentenze Digital Rights e Tele2 Sverige e in analogia con le posizioni più garantiste della CEDU”, escludendo “che quella dei trattamenti di dati funzionali a tali finalità possa essere una ‘zona franca’ impermeabile alle esigenze di tutela della persona. Si tratta di un principio di assoluta rilevanza, sotto il profilo democratico, nel rapporto tra libertà e sicurezza già delineato nella sentenza Schrems del luglio scorso, per evitare che una dilatazione (nell’ordinamento statunitense particolarmente marcata) della nozione di sicurezza nazionale finisca di fatto per eludere l’effettività della tutela di un fondamentale diritto di libertà, quale appunto quello alla protezione dei dati”.