Sull’onda del successo dell’IPad, il nuovo tablet della Apple, Steve Jobs ha rilasciato alcune interessanti dichiarazioni alla conferenza All Things Digital, tenutasi recentemente in California.
Jobs è stato interrogato dai giornalisti sugli argomenti che in questo momento riguardano più da vicino l’azienda, dai campi applicativi di concorrenza con Google alle condizioni psicologiche dei lavoratori della fabbrica cinese Foxconn, che tratta prodotti della Apple.
Il parere del famoso CEO è stato chiesto anche in merito al futuro dei contenuti in rete. Alla domanda “I computer tablet come l’ipad salveranno l’industria editoriale?” Steve Jobs ha risposto: “Non voglio vederci ridotti a una nazione di blogger. Penso che abbiamo bisogno della supervisione editoriale più che mai. Qualunque cosa possiamo fare per aiutare i giornali a trovare nuove vie di espressione, io la sosterrò“.
Il capo della Apple è convinto che la gente sia disposta a pagare per i contenuti e che i content providers stiano “svendendo” i loro servizi. “Dovrebbero stabilire prezzi più aggressivi basati sulla quantità di contenuti scaricati“, ha dichiarato.
Un’ulteriore domanda ha sollevato la questione dell’eccessivo potere della Apple sui contenuti veicolati attraverso i suoi apparecchi, come le App per Iphone e Ipad. Ci si chiede se ci sia il rischio che l’azienda possa censurare materiale ritenuto “scomodo”, anche da un punto di vista politico. Il riferimento va al caso di Mark Fiore, il cartoonist satirico vincitore di un pulitzer al quale è stata negata la distribuzione dell’App con le sue vignette. Jobs risponde citando la vecchia policy della Apple che non ammetteva nessun tipo di diffamazione. Ricorda poi che la piattaforma i-phone è proprietaria e ha quindi le sue regole, ma che comunque “approviamo il 95% delle App che ci sono sottoposte ogni settimana – che sono tra le 10 e le 20 mila – e le rendiamo operative entro sette giorni“.
Verso la fine dell’incontro è stata posta anche la questione della privacy. Un giornalista ha chiesto se a Silicon Valley il concetto di privacy non fosse diverso dal resto del mondo. “No” ha risposto Jobs “Prendiamo la questione della privacy molto seriamente….Facciamo un sacco di cose per assicurare che le persone capiscano come vengono trattati i loro dati. Per questo motivo seguiamo attentamente l’App Store…La privacy significa che la gente sa che cosa sta firmando, è scritto in un inglese chiaro“.
Sull’onda del successo dell’IPad, il nuovo tablet della Apple, Steve Jobs ha rilasciato alcune interessanti dichiarazioni alla conferenza All Things Digital, tenutasi recentemente in California.
Jobs è stato interrogato dai giornalisti sugli argomenti che in questo momento riguardano più da vicino l’azienda, dai campi applicativi di concorrenza con Google alle condizioni psicologiche dei lavoratori della fabbrica cinese Foxconn, che tratta prodotti della Apple.
Il parere del famoso CEO è stato chiesto anche in merito al futuro dei contenuti in rete. Alla domanda “I computer tablet come l’ipad salveranno l’industria editoriale?” Steve Jobs ha risposto: “Non voglio vederci ridotti a una nazione di blogger. Penso che abbiamo bisogno della supervisione editoriale più che mai. Qualunque cosa possiamo fare per aiutare i giornali a trovare nuove vie di espressione, io la sosterrò“.
Il capo della Apple è convinto che la gente sia disposta a pagare per i contenuti e che i content providers stiano “svendendo” i loro servizi. “Dovrebbero stabilire prezzi più aggressivi basati sulla quantità di contenuti scaricati“, ha dichiarato.
Un’ulteriore domanda ha sollevato la questione dell’eccessivo potere della Apple sui contenuti veicolati attraverso i suoi apparecchi, come le App per Iphone e Ipad. Ci si chiede se ci sia il rischio che l’azienda possa censurare materiale ritenuto “scomodo”, anche da un punto di vista politico. Il riferimento va al caso di Mark Fiore, il cartoonist satirico vincitore di un pulitzer al quale è stata negata la distribuzione dell’App con le sue vignette. Jobs risponde citando la vecchia policy della Apple che non ammetteva nessun tipo di diffamazione. Ricorda poi che la piattaforma i-phone è proprietaria e ha quindi le sue regole, ma che comunque “approviamo il 95% delle App che ci sono sottoposte ogni settimana – che sono tra le 10 e le 20 mila – e le rendiamo operative entro sette giorni“.
Verso la fine dell’incontro è stata posta anche la questione della privacy. Un giornalista ha chiesto se a Silicon Valley il concetto di privacy non fosse diverso dal resto del mondo. “No” ha risposto Jobs “Prendiamo la questione della privacy molto seriamente….Facciamo un sacco di cose per assicurare che le persone capiscano come vengono trattati i loro dati. Per questo motivo seguiamo attentamente l’App Store…La privacy significa che la gente sa che cosa sta firmando, è scritto in un inglese chiaro“.
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