Nell’attesa del verdetto che concluderà il processo d’appello di The Pirate Bay, molti magazine della rete hanno riassunto le arringhe degli avvocati dei due schieramenti in quello che sembra il fronte più sanguinario della guerra tra major discografiche e service provider.
Le argomentazioni dei legali che rappresentano l’industria cinematografica e musicale appaiono come cristallizzate nelle posizioni tenute nel processo di primo grado. L’accusa ha ribadito la richiesta di un anno di carcere per gli imputati e il risarcimento di 2,7 milioni di euro.
I rappresentanti dell‘International Federation of the Phonographic Industry, la federazione mondiale dell’industria musicale, reclamano l’ingente risarcimento danni, sostenendo in sostanza che ad ogni download illegale effettuato tramite i file torrent di the Pirate Bay corrisponde il mancato guadagno di un disco venduto. Secondo l’industria fonografica inoltre, il download di alcuni particolari file causerebbe un danno economico anche maggiore, come nel caso della musica dei Beatles, che ad oggi non è mai stata venduta nei negozi online.
L’accusa, con l’intenzione di dimostrare lo scopo di lucro, ha portato in aula i tabulati dei conti correnti bancari dei quattro imputati di The Pirate Bay -Peter Sunde, Fredrik Neij, Gottfrid Svartholm e Carl Lundstrom,- sostenendo che le entrate economiche provenissero dalle inserzioni pubblicitarie sul sito.
L’avvocato che rappresenta l’industria cinematografica degli USA (la MPAA) ha invece puntato il dito contro la presunta attività editoriale sui file operata dai gestori del sito. La divisione per categorie dei file, secondo la legale, sarebbe in contrasto con la supposta passività del mero provider.
Anche la difesa ha ribadito la posizione tenuta nel processo presso la Corte Distrettuale. The Pirate Bay è un motore di ricerca per file torrent, non ospita dunque alcun file sui propri server, ed è da considerarsi un mero intermediario. Come tale, è protetto dalla Direttiva Europea sull’E-Commerce. Inoltre, la Baia dei Pirati ha come primo scopo la condivisione di file, non l’infrazione del copyright. Il legale di Fredrik Neij ha sostenuto a questo proposito che gran parte dei file indicizzati non sono nemmeno coperti da diritti di proprietà intellettuale.
Gli avvocati della Baia sostengono anche che non ci sia nessun processo editoriale nella divisione in categorie dei file. Non c’è mai stato alcun intervento di modifica o revisione dei file torrent e gli utenti interagiscono con il motore di ricerca secondo procedure automatiche. Gli utenti potrebbero anche aver infranto le leggi sul diritto d’autore ma la violazione non è stata compiuta dagli operatori di The Pirate Bay.
Durante l’ultimo giorno del processo, l’avvocato di Peter Sunde’ ha aggiunto una considerazione generale: ha chiesto alla Corte se il processo contro degli individui, i rappresentanti della Baia, non fosse piuttosto un processo contro una tecnologia. Se così fosse, le accuse contro The Pirate Bay non sarebbero che l’ennesima declinazione della rivolta dell’industria contro le invenzioni che rivoluzionano il mercato, come già è accaduto in passato per il videoregistratore e la radio.
Il verdetto è atteso per il 26 novembre.
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