La procura di competenza nelle indagini per il reato di diffamazione deve essere quella in cui le offese sono percepite, pertanto registrare un sito internet italiano all’estero non protegge i titolari dall’accusa di diffamazione aggravata.
Questo quanto è stato stabilito da una recente sentenza della Prima sezione penale della Cassazione, chiamata a risolvere un conflitto di competenza territoriale fra due tribunali su cui pendeva lo stesso procedimento a carico dell’amministratore di un sito web, accusato del reato di diffamazione per un articolo del suo sito.
Il doppio procedimento era risultato dall’azione della Polizia Giudiziaria che, avendo ricevuto la querela della persona offesa, aveva inviato gli atti sia alla procura di Sassari, luogo di residenza dell’imputato, che alla procura di Arezzo, luogo in cui risiedono i server del sito web.
Il giudice di Cassazione ha stabilito che il tribunale competente è quello di Sassari. Infatti, la competenza territoriale in materia di diffamazione telematica va individuata non nel luogo dove la notizia è immessa in rete, ma piuttosto laddove «le offese e le denigrazioni sono percepite da più fruitori della rete».
Un sito web, per sua natura, è destinato ad essere fruito contemporaneamente da una moltitudine di soggetti residenti in più luoghi. Ai fini dell’attribuzione di competenza è quindi impossibile utilizzare criteri oggettivi quali l’accesso del primo visitatore al sito.
Pertanto, non essendo individuabile il luogo in cui avviene l’azione, la competenza spetta al giudice del luogo di residenza dell’imputato (art.9, comma 2 del CCP).
La decisione della Cassazione è da ritenersi rilevante in quanto getta luce, almeno per quanto riguarda il reato di diffamazione, sulla competenza giuridica territoriale, un aspetto perticolarmente delicato del diritto di Internet sul fronte internazionale.
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