Ampiamente riportata su tutti i media italiani, la notizia dell’infermiera affetta da tubercolosi ha attirato l’attenzione del Garante per la Protezione dei Dati Personali che ha aperto un’istrutturia sul caso.
Pare che agenzie di stampa e quotidiani, anche on line, nel riferire la notizia abbiano riportato una quantità di dati sufficiente a riconoscere l’identità della donna, sospettata di avere contagiato diversi neonati ospiti del reparto dove lavorava.
Sebbene infatti il cognome dell’infermiera non sia mai stato pubblicato, molti giornali ne hanno riportato il nome, l’iniziale del cognome, l’età e il fatto che la donna lavorasse nel reparto di neonatologia del Policlinico Gemelli.
Nel comunicato stampa che annuncia l’apertura dell’istruttoria il Garante ricorda che “il diritto-dovere dei giornalisti di informare sugli sviluppi della vicenda, di sicura rilevanza per l’opinione pubblica, considerato l’elevato numero di neonati e di famiglie coinvolte, deve essere comunque bilanciato, secondo i principi stabiliti dal Codice deontologico con il rispetto delle persone“.
Per questo motivo il Garante ha raccomandato a tutti i professionisti che lavorano nei media di “evitare di riportare informazioni non essenziali che possano ledere la riservatezza delle persone e nello stesso tempo possano indurre ulteriori stati di allarme e di preoccupazione in coloro che si sono avvalsi dei servizi sanitari dell’ospedale o sono altrimenti entrati in contatto con la persona”.
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