Con la pronuncia n. 3853 del 16 settembre 2011, il Tribunale di Firenze ha affermato che il reato di accesso abusivo ad un sistema informatico si consuma nel luogo in cui si trova il sistema oggetto della condotta abusiva. In altri termini, secondo la pronuncia, è irrilevante, ai fini della individuazione del luogo di consumazione del reato, il luogo dal quale sia iniziata la procedura di accesso.
Il caso ha riguardato dei pubblici funzionari i quali sono stati ritenuti colpevoli di aver effettuato un accesso abusivo alla banca di dati del Sistema d’Interforze del Ministero dell’Interno (SDI), collocata fisicamente a Roma, e successivamente di aver acquisito dati coperti da segreto attinenti ad un centinaio di persone.
I pubblici funzionari avevano effettuato l’accesso, qualificato poi come abusivo, attraverso l’uso di terminali collocati presso uno degli uffici decentrati del Ministero dell’Interno (nel caso di specie, l’ufficio di Firenze).
Questa circostanza ha rappresentato l’oggetto di un’eccezione preliminare sulla competenza territoriale del Tribunale di Roma invece di quello di Firenze, adito in prima istanza.
Di qui, la conclusione del Tribunale, secondo cui il luogo di consumazione del reato di accesso abusivo ad un sistema informatico è quello in cui avviene il superamento della protezione informatica e l’introduzione nel sistema, ove è fisicamente collocato l’elaboratore centrale che controlla le credenziali di autenticazione e dal quale si estraggono le informazioni.
Secondo la prospettiva descritta da questa pronuncia, in caso di accesso abusivo ad un sistema informatico collocato fisicamente in Italia, il reato sarebbe consumato e come tale perseguibile nel nostro Paese, anche nel caso in cui il collegamento abusivo, tramite ad esempio l’uso di credenziali di autenticazione, avvenisse attraverso un terminale situato fuori dai confini nazionali.
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