L’Avv. Manuela Gallo, direttore degli affari legali CUP 2000 SpA, ha sollevato nel suo intervento al convegno alcuni punti critici dell’attuale situazione del fascicolo sanitario elettronico a Bologna. C’è infatti un diffuso timore nei confronti della dematerializzazione, perché manca ancora un chiaro quadro normativo. Dal punto di vista della privacy, in particolare, si pensa che il consenso informato sia sufficiente ad evitare tutti i pericoli derivati dalla digitalizzazione del dato, ma in realtà il metodo dell’informativa non risulta sufficiente per il consenso su uno strumento complesso come il fascicolo sanitario elettronico.
L’attuale situazione normativa del fascicolo sanitario elettronico è stata delineata nell’intervento del Dott. Claudio Filippi dell’Autorità Garante della protezione dei dati. Nel 2007 un gruppo di lavoro di tutti i Garanti europei, riuniti a Bruxelles, ha prodotto le prime linee guida per il fascicolo sanitario elettronico in Europa. Da allora il lavoro sul FSE in Italia è stato portato avanti dalle singole Regioni, che, affidando il lavoro a tecnici specializzati, hanno elaborato soluzioni all’avanguardia ma senza una conformità tecnologica e giuridica. Nel 2009 il Garante privacy ha quindi pubblicato le linee guida per il FSE per armonizzarne le regole in materia di protezione dei dati personali, seguite, nel novembre 2010, dalle linee guida nazionali del Ministero della Salute, che contengono indicazioni sul contenuto che deve avere il FSE. Ad oggi c’è un disegno di legge (approvato dalla Camera dei Deputati il 28 settembre 2011) che definisce cos’è il FSE e che prescrive che deve essere istituito dalle Regioni, senza ulteriori indicazioni a riguardo. Vengono invece precisate le finalità, che devono essere di prevenzione, diagnosi e cura, di studio e ricerca scientifica in ambito medico, nonché di programmazione sanitaria e verifica della qualità delle cure. In relazione a queste finalità, il Garante privacy individua i tipi di consenso che sono necessari da parte del cittadino. Il consenso è infatti fondamentale per il medico che deve accertarsi che, per quanto riguarda la cura della salute, il paziente acconsenta al trattamento dei suoi dati personali. Non è quindi un mero adempimento burocratico, ma una direttiva di comportamento per i medici. Le altre finalità richiedono invece ulteriori consensi. Naturalmente il problema dell’informativa rimane, soprattutto nella formula attuale, simile ad una clausola vessatoria. Una volta che il DDL sarà legge le linee guida del Ministero e le singole regioni potranno finalmente omologarsi, e il lavoro sarà semplificato.
I saluti finali del Dott. Antonio Brambilla, responsabile del servizio assistenza distrettuale, medicina generale, pianificazione e sviluppo dei servizi sanitari della direzione generale sanità e politiche sociali, e della Prof. Avv. Giusella Finocchiaro sono stati l’occasione per evidenziare una necessità comune, emersa nel corso del convegno: quella di razionalizzare i processi. Dal momento che le norme sono in fase conclusiva, è necessario orientarsi ora verso una razionalizzazione organizzativa che possa garantire la tutela dell’identità personale da un lato e l’efficienza dall’altro.
[LINK: prima parte del convegno, la seconda parte del convegno]
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