A quanto si apprende dalla stampa internazionale, Google ha ceduto alle pressioni del governo cinese e ha provveduto alla rimozione della funzione che avvertiva gli utenti della possibile censura governativa su alcune parole chiave.
Una finestra pop up che appariva quando l’utente digitava una parola ritenuta sensibile per il governo cinese informava che la ricerca era a rischio di un disservizio a causa di blocchi istituzionali. Con questa funzionalità Google aveva tentato un’ultima strada per mediare tra la volontà di mantenere libero accesso a tutte le informazioni e la censura imposta da Pechino su argomenti come l’indipendenza del Tibet e i fatti di piazza Tienanmmen.
Il servizio di avvertimento sulla censura di Google è stato interrotto lo scorso dicembre, senza alcun annuncio ufficiale da parte della compagnia. La notizia è stata diffusa da GreatFire.org, un sito che raccoglie dati sul cosiddetto “Great Firewall” la grande muraglia virtuale della censura in Cina. Interrogato dalla stampa Taj Meadows, portavoce di Google in Giappone, ha confermato l’interruzione della funzionalità ma non ha voluto commentare la decisione.
Fino ad oggi l’azienda di Mountain View aveva evitato il più possibile di collaborare con la censura cinese sin dallo sbarco del motore di ricerca in Cina nel 2006. Dopo alterne vicende che hanno portato Google sull’orlo della chiusura della sua attività nel paese, nel 2010 Google ha trasferito i suoi server a Hong Kong. Una scelta che aveva favorito Baidu, il suo principale concorrente locale, attualmente il motore di ricerca più usato dagli utenti cinesi. L’attuale passo indietro della compagnia californiana ha deluso i numerosi sostenitori dell’attività “dissidente” di Google in Cina.
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