La responsabilità dei contenuti pubblicati deve essere in capo ai gestori dei singoli siti web e non ai motori di ricerca: un recente parere della Corte di Giustizia Europea esonera Google dall’obbligo di rimuovere le informazioni datate che possono ledere la reputazione degli individui.
La raccomandazione, emessa dall’avvocato generale Niilo Jaaskinen, è stata presentata nell’ambito del procedimento incentrato sul “diritto all’oblio” che la Corte di Giustizia Europea ha intrapreso in seguito ad una richiesta proveniente dalla Spagna.
Il caso ha origine dalla vicenda di un cittadino spagnolo che si è rivolto al Garante della privacy del suo paese lamentando la diffusione tra i risultati di Google di una notizia riguardante una sua evasione fiscale risalente a 15 anni prima. L’uomo chiedeva all’Autorità che la notizia, ritenuta lesiva della sua immagine personale, venisse rimossa dai risultati di Google.
Il Garante spagnolo ha ritenuto la richiesta del cittadino legittima e Google, dopo aver ricevuto l’ordine di rimozione dei link alle notizie, ha presentato ricorso alla Corte di Giustizia Europea, invitandola a pronunciarsi per stabilire se, per quanto attiene ai risultati, i motori di ricerca debbano rispondere di una responsabilità di tipo editoriale, o se debba essere considerato come un semplice hosting provider.
Secondo il parere dell’avvocato generale Google deve sottostare alle leggi per la protezione dei dati dell’Unione Europea, ma non deve essere ritenuto responabile per i contenuti prodotti da terze parti, come canali televisivi o giornali.
La Corte di giustizia Europea non è vincolata al parere emesso dall’avvocato generale, ma è prassi che le raccomandazioni siano accolte dai giudici. La decisione della Corte è attesa per la fine dell’anno.
Il parere dell’avvocato Niilo Jaaskinen giunge in un momento critico per Google, che in questo periodo è oggetto di un’indagine da parte di sei Garanti per la protezione dei dati europei, tra cui quello italiano, in merito alla sua nuova policy unificata sulla privacy.
Il caso è seguito con attenzione anche dalle principali aziende statuintensi attive sul fronte delle ricerche in rete, come Microsoft e Yahoo. Se infatti l’opinione dell’avvocato generale fosse in qualche modo respinta Google si troverebbe ad affrontare centinaia di casi simili a quello del cittadino spagnolo.
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