Cancellato dal decreto antiterrorismo l’emendamento incentrato sulla concessione di misure atte a minare la privacy dei cittadini in nome di un potenziamento degli strumenti di prevenzione delle nuove minacce terroristiche.
Il decreto-legge 18 febbraio 2015, n. 7, prevedeva la possibilità che un magistrato autorizzasse intercettazioni da “remoto”, ovvero concedesse alle autorità di violare i computer dei cittadini, utilizzando strumenti informatici come malware. La norma è stata stralciata dopo un passaggio nelle commissioni Giustizia e Difesa.
Il decreto era stato approvato dal consiglio dei ministri lo scorso 10 febbraio, dalle commissioni per l’esame il 25 marzo, ed è attualmente in discussione alla Camera. Se l’emendamento fosse stato approvato, l’Italia sarebbe divenuta il primo Paese europeo ad autorizzare queste modalità di investigazione.
Nei giorni scorsi, il Presidente del Garante per la protezione dei dati personali, Antonello Soro, aveva espresso seria preoccupazione per degli emendamenti “che alterano il necessario equilibrio tra privacy e sicurezza”, in particolare riferendosi agli emendamenti antiterrorismo sulle intercettazioni preventive e sul prolungamento da uno a due anni dei termini di conservazione dei dati del traffico telefonico.
Le molte perplessità suscitate hanno portato il Presidente del Consiglio a riaprire il confronto alla Camera sollecitando una maggiore cautela nell’affrontare il delicato rapporto tra privacy e sicurezza.
In proposito, il viceministro dell’Interno, Filippo Bubbico, ha confermato che data la volontà del Governo di “contemperare le esigenze di sicurezza nella lotta al terrorismo con quelle di tutela della privacy”, sarà “utile approfondire il confronto e la riflessione sulle intercettazioni telematiche da remoto prolungando le consultazioni all’interno provvedimento sulle intercettazioni già in esame in Commissione”.
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