Nei casi di sospetta diffamazione i provvedimenti cautelari di sequestro sono inammissibili tanto per i giornali stampati quanto per i loro corrispettivi online, lo stabilisce la Cassazione.
Pronunciandosi su istanza del Procuratore generale in tema di diffamazione a mezzo stampa e di tutela costituzionale, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno enunciato con la sentenza n. 23469 del 18.11.2016 il seguente principio di diritto:
La tutela costituzionale assicurata dal terzo comma dell’art. 21 Cost. alla stampa si applica al giornale o al periodico pubblicato, in via esclusiva o meno, con mezzo telematico, quando possieda i medesimi tratti caratterizzanti del giornale o periodico tradizionale su supporto cartaceo e quindi sia caratterizzato da una testata, diffuso o aggiornato con regolarità, organizzato in una struttura con un direttore responsabile, una redazione ed un editore registrato presso il registro degli operatori della comunicazione, finalizzata all’attività professionale di informazione diretta al pubblico, cioè di raccolta, commento e divulgazione di notizie di attualità e di informazioni da parte di soggetti professionalmente qualificati. Pertanto, nel caso in cui sia dedotto il contenuto diffamatorio di notizie ivi pubblicate, il giornale pubblicato, in via esclusiva o meno, con mezzo telematico non può essere oggetto, in tutto o in parte, di provvedimento cautelare preventivo o inibitorio, di contenuto equivalente al sequestro o che ne impedisca o limiti la diffusione, ferma restando la tutela eventualmente concorrente prevista in tema di protezione dei dati personali.
La Corte ha sottolineato che l’art. 21, comma 3, Cost., dispone che il sequestro della stampa generalmente intesa – cioè, senza specificazioni, sia essa periodica o comune – può essere disposto, con atto motivato dell’autorità giudiziaria, soltanto nel caso di delitti per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi o nel caso di stampa clandestina.
Al riguardo viene citata la decisione della Corte costituzionale del 24 giugno 1970, n. 122 che sancì il divieto di sequestro della stampa (con eccezione dei casi previsti dalla legge sulla stampa stessa) per la prevalenza della libertà di stampa – a causa dell’importanza del suo ruolo in una società democratica – su ogni altro interesse meramente individuale.
La Cassazione ha riaffermato tale principio in relazione al giornale telematico nel caso di contenuti sospettati di essere diffamatori e cioè lesivi della reputazione e dell’onore. Infatti, il solo diritto alla reputazione e all’onore, benché fondamentale, deve intendersi recessivo dinanzi alla tutela della libertà di stampa, anche nella fase cautelare finalizzata all’adozione di misure urgenti (v. Corte cost. 122/70, cit.).
Le misure cautelari proibite dalla lettera del comma terzo dell’art. 21 Cost. sono tutte quelle che impedirebbero la diffusione del materiale già pronto alla circolazione. Pertanto, secondo la Corte, nel caso dei giornali online non sono ammissibili quale oggetto di provvedimento cautelare tutte le misure che tendano ad impedire la persistenza nella Rete o l’ulteriore circolazione o diffusione dell’articolo – o equipollente –ritenuto diffamatorio o, se da esse inscindibile, dell’intera pagina o dell’edizione o, in casi estremi, della testata; misure tra cui devono comprendersi anche quelle indicate come deindicizzazione o altre di analogo effetto.
L’eventuale oscuramento e risarcimento dovrà quindi essere individuato dal giudice, che terrà conto della particolare diffusività degli strumenti adoperati, nel momento del riconoscimento dell’effettiva violazione del diritto individuale all’onore od alla reputazione con pronuncia almeno esecutiva, che potrà eventualmente ribaltare la valutazione di prevalenza tra i due diritti fondamentali.
La Corte sottolinea infine che la pronuncia non riguarda violazioni diverse dalla diffamazione, come quelle in materia di protezione dei dati personali.
Il testo della sentenza è disponibile QUI.
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