È dello scorso 31 ottobre il parere del Garante Privacy sullo schema di decreto volto ad apportare alcune modifiche al decreto del Ministero dell’interno del 23 dicembre 2015 (“Modalità tecniche di emissione della Carta d’identità elettronica”). L’Autorità, in particolare, ha evidenziato le criticità che deriverebbero dalla sostituzione, all’art. 4 del sopraindicato decreto, della parola “genitori” con le parole “padre” e “madre”.
Il Presidente del Garante per la protezione dei dati personali, Antonello Soro, è intervenuto più volte, negli ultimi mesi, per fornire chiarimenti in merito al parere espresso dal Garante e per replicare alle perplessità sollevate dal Ministro dell’interno.
“Per dovere civico oltre che di rappresentante di una Autorità ho il dovere di offrire un ulteriore chiarimento”: ha dichiarato Antonello Soro nell’ultima replica al Ministro dell’interno, pubblicata sul sito del Garante in data 26 novembre 2018. Nello stesso intervento, il Presidente del Garante ha chiarito i motivi che hanno condotto l’Autorità a escludere la legittimità e l’attuabilità della sostituzione terminologica prevista nello schema di decreto. Al riguardo, si rimanda puntualmente a quanto pubblicato sul sito del Garante.
Il parere dell’Authority ha valutato la compatibilità di tale sostituzione terminologica – limitatamente allo specifico profilo “burocratico” del rilascio della carta d’identità elettronica e del suo contenuto – con la disciplina di protezione dei dati personali e, in particolare, con il principio di esattezza dei dati stessi e la tutela dell’identità personale.
La modifica prevista dallo schema di decreto si è rivelata inattuabile in alcune ipotesi, con gli effetti discriminatori che necessariamente ne conseguono per il minore. Le problematicità emergono chiaramente nei casi nei quali egli sia affidato non al padre e alla madre biologici, ma a coloro i quali esercitino – secondo quanto previsto dall’ordinamento – la responsabilità genitoriale a seguito di trascrizione di atto di nascita formato all’estero, sentenza di adozione in casi particolari o riconoscimento di provvedimento di adozione pronunciato all’estero.
Ebbene, in tutti questi casi, la modifica proposta determinerebbe almeno due effetti paradossali.
In primo luogo, se il minore è affidato a soggetti che non possano definirsi suo padre e/o sua madre, non potrebbe ottenere mai la carta d’identità elettronica, non avendo appunto egli alcun padre o madre legittimati, essi soli, a richiederne il rilascio. In tale circostanza, per ottenere il documento d’identità del minore, i soggetti che ne esercitino la responsabilità genitoriale dovrebbero essere costretti a una falsa dichiarazione, attribuendosi (con la responsabilità penale che ne consegue), identità a loro non appartenenti.
In secondo luogo, ove la carta fosse comunque rilasciata, essa recherebbe delle informazioni non veritiere circa l’identità dei soggetti esercenti la responsabilità genitoriale del minore: cosa chiaramente incompatibile con lo scopo stesso del documento identificativo.
In conclusione, ciò che ha espresso il Garante non è affatto un’obiezione generale – tantomeno ideologica – alle nozioni di “padre” e “madre”: soltanto l’esigenza di non definire in tal modo chi padre o madre non sia, ma eserciti comunque la responsabilità genitoriale su di un minore, secondo quanto previsto dall’ordinamento.