La Corte di Cassazione, nell’ordinanza n. 19155/2019, ha ribadito il valore di piena prova degli SMS. Richiamando la sentenza n. 11606/2018, ha infatti precisato che “lo short message service (SMS) contiene la rappresentazione di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti ed è riconducibile nell’ambito dell’articolo 2712 c.c.”, in quanto rappresentazione informatica di un determinato evento o volontà. Di conseguenza, per l’effetto della citata normativa, l’SMS formerà piena prova dei fatti e delle cose rappresentate salvo che il soggetto contro il quale il mezzo informatico è prodotto ne contesti tempestivamente la conformità.
Nello specifico, la vertenza era relativa ad un’opposizione a decreto ingiuntivo emesso nei confronti di un genitore per il rimborso delle spese straordinarie sostenute dall’altro genitore per le rette dell’asilo nido frequentato dal comune figlio. I Giudici di merito avevano rigettato l’opposizione sostenendo che dagli SMS inviati dall’opponente emergeva l’adesione di questi all’iscrizione del minore all’asilo nido e, di conseguenza, l’accollo della metà della retta dovuta. In particolare, i Giudici d’Appello evidenziavano che gli SMS in esame ed il loro contenuto non erano stati tempestivamente contestati dall’opponente, il quale ne aveva eccepito provenienza e contenuto solo nella comparsa conclusionale.
Avverso la decisione di merito, l’odierno ricorrente proponeva ricorso per Cassazione sostenendo l’errata identificazione tra SMS e scrittura privata, in quanto i primi risultavano privi sia di sottoscrizione sia del numero di cellulare da cui erano stati inviati e di quello cui erano pervenuti. Sosteneva inoltre la tempestività della contestazione documentale, poiché il formale disconoscimento degli SMS citati, ai sensi degli artt. 214 e 215 c.p.c., non era necessario, trattandosi di documenti privi di sottoscrizione. Contestava infine l’attribuito valore di piena efficacia probatoria degli SMS, asserendo, al contrario, un’efficacia meramente indiziaria.
In diritto, la Suprema Corte evidenziava come “l’eventuale disconoscimento della conformità (degli SMS, ndr) non ha gli stessi effetti di quello della scrittura privata previsto dall’art. 215 c.p.c., comma 2, poiché, mentre, nel secondo caso, in mancanza di richiesta di verificazione e di esito positivo della stessa, la scrittura non può essere utilizzata, nel primo non può escludersi che il giudice possa accertare la rispondenza all’originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni”.
La citata ordinanza ha inoltre chiarito che “il disconoscimento, da effettuare nel rispetto delle preclusioni processuali, anche di documenti informatici aventi efficacia probatoria ai sensi dell’articolo 2712 c.c., deve essere chiaro, circostanziato ed esplicito e concretizzarsi nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra la realtà fattuale e quella riprodotta”. Nel caso in esame, invece, la contestazione era estremamente generica, oltre che tardiva. L’opponente infatti, personalmente presente all’udienza di prima comparizione, non aveva rilevato alcunché fino alla comparsa conclusionale.
A riguardo, veniva infine precisato che è delegato al giudice di merito e non alla Corte di Cassazione l’apprezzamento “dell’esistenza ed del valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte”. La Suprema Corte ne è delegata solo nei limiti del vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1°, n. 5), qualora l’incongruenza emerga direttamente dal testo della sentenza. Ogni doglianza di merito basata sulla lettura degli atti di causa o su una contestazione del prudente apprezzamento del giudice è invece da ritenersi inammissibile.