Non sono solo i brevetti e le scoperte ad essere considerati segreti industriali, nella definizione rientra anche tutto ciò che riguarda l’organizzazione interna di un’azienda, l’insieme di pratiche gestionali necessarie alla funzionalità degli impianti e dell’amministrazione: il cosiddetto know-how.
È questo ciò che emerge della sentenza n. 11965 della Corte di Cassazione, depositata il 26 Marzo, che stabilisce la legittimità del sequestro, da parte di un’azienda, del computer, dei supporti informatici e delle fatture di un dipendente sospettato di aver rivelato segreti industriali.
La Cassazione ha così respinto il ricorso del difensore che sosteneva fosse stata commessa una violazione di legge, dal momento che la Procura aveva proceduto al sequestro dei dispositivi informatici di un dipendente sospettato, senza nemmeno aspettare la perizia sul computer disposta dal pubblico ministero per verificare la fondatezza dei sospetti. La valutazione della Corte ha però dato ragione al tribunale del riesame che aveva approvato il sequestro dando conto in modo esaustivo del fumus di reato di rivelazione di segreti industriali. Ha inoltre precisato che l’art.623 del Codice Penale (“Rivelazione di segreti scientifici e industriali”) si estende anche al know-how aziendale “mirato alla funzionalità degli impianti e all’economia della gestione”.
Non è quindi indispensabile che il materiale oggetto della violazione sia brevettabile o rappresenti una scoperta, è sufficiente che faccia parte del patrimonio di conoscenze necessarie per la manutenzione di un industria.
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