La creazione dei cataloghi d’arte richiede un vero e proprio lavoro di ricerca, di studio e di selezione delle opere che giustifica un’originalità da proteggere in base al diritto d’autore. É questa l’opinione della responsabile legale della casa d’aste Christie’s che da due anni sta portando avanti una causa da 60 milioni contro artprice.com, uno dei principali siti che forniscono informazioni sul mercato dell’arte.
Christie’s ha denunciato Artprice per violazione del diritto d’autore attraverso la pubblicazione non autorizzata della totalità di più di 2.300 suoi cataloghi sul sito artprice.com, che ha sede a Lione.
Secondo il presidente di Artprice, l’accusa di Christie’s è infondata per via del regime fiscale scelto dalla casa d’aste per i cataloghi. Dato che gli editori sono liberi di scegliere se applicare sui volumi l’Iva oridinaria o il tasso ridotto del 5,5% previsto per le opere dell’ingegno, il fatto che Christie’s abbia scelto la via economicamente più svantaggiosa dimostra come la casa d’arte stessa non consideri i suoi cataloghi opere intellettuali.
“Il fatto che i cataloghi siano sottoposti a un certo regime fiscale non significa che non siano tutelabili in base al diritto d’autore” controbatte la legale di Christie’s a Parigi.
La famosa casa d’aste londinese non è la sola ad aver fatto causa al sito di Lione. Artprice è perseguito per lo stesso capo d’accusa anche da altre case d’asta europee. Christie’s spicca però per l’ammontare della richiesta di risarcimento: 60 milioni di euro per danni, interessi e “parassitismo”. Una cifra che pare ingiustificata.
Il presidente di Artprice è convinto che si tratti di un tentativo di aggiotaggio per destabilizzare i 18mila azionisti a pochi giorni dalla riproduzione dei bilanci. Per questo motivo ha sporto a sua volta denuncia per aggiotaggio contro ignoti.
FONTE: Il Giornale dell’Arte
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