Ai Colleghi ed operatori che si interfacciano più o meno quotidianamente con il processo telematico non sarà sfuggita l’ordinanza emessa da un giudice onorario del Tribunale di Lecce (nel prosieguo GOT) il 16 marzo 2016, le cui conclusioni stanno destando interrogativi e perplessità tra l’Avvocatura e gli operatori che quotidianamente si interfacciano con la digitalizzazione del processo.
Deve premettersi che non è dato visionare gli atti del procedimento e che ci si deve inevitabilmente attenere alle statuizioni contenute nell’ordinanza per ricostruire le vicende del processo, comunque agevolmente desumibili.
Si tratta di una vicenda giudiziaria nella quale la chiamata in causa della società convenuta avveniva con la procedura di notifica a mezzo pec dell’atto di citazione. A fronte della mancata costituzione della convenuta e in assenza di vizi della notifica (almeno stando al contenuto dell’ordinanza), lungi dal dichiarare la contumacia il GOT disponeva la rinnovazione della notifica secondo l’ordinario procedimento a mezzo ufficiale giudiziario, rilevando in particolare che:
– La normativa che impone alle imprese di dotarsi di casella di posta elettronica non obbliga, però, le stesse imprese di munirsi di programmi elettronici che consentono la lettura degli atti inviati con firma digitale;
– Non vi è prova che la società convenuta sia in effettivo possesso di tali programmi;
– Non vi è prova che la stessa abbia potuto prendere visione dell’atto di citazione.
Operate le predette considerazioni il GOT, “letta ed applicata la norma di cui all’art. 291 c.p.c.”, ordinava la “rinnovazione della notificazione della citazione secondo l’ordinario procedimento a mezzo ufficiale giudiziario”.
L’ordinanza in commento, che si vuole credere frutto di una isolata opinione del GOT che l’ha emessa piuttosto che un orientamento ponderato e consolidato del Tribunale di Lecce o di altri Uffici giudiziari, merita di essere sottoposta a critica ponendosi in evidente contrasto con la ratio della riforma del processo telematico nonché con le norme processuali che sovrintendono il procedimento notificatorio.
Preliminarmente deve rilevarsi che l’art. 291 c.p.c., rubricato “Contumacia del convenuto”, consente al giudice di disporre la rinnovazione della citazione se il giudice istruttore rileva un vizio che importi nullità nella notificazione della citazione.
L’ordine di rinnovazione della notifica non costituisce dunque una discrezionalità del giudice, ma risulta saldato all’esito della verifica della regolarità del contraddittorio che il giudice è chiamato ad effettuare alla prima udienza di comparizione e trattazione ex art. 183 c.p.c.
Nessuna norma dell’ordinamento subordina gli effetti della notifica effettuata via pec alla previa dimostrazione, da parte del soggetto notificante, che il convenuto sia in possesso di programmi di lettura degli atti inviati con firma digitale.
Del resto per consultare una casella di pec è necessario anche possedere un personal computer, avere una connessione internet, essere dotati di un contratto di fornitura di energia elettrica che alimenti il computer, e così via. Circostanze che con tutta evidenza l’attore non può e non deve essere chiamato a conoscere.
Da un lato, infatti, le imprese e i professionisti hanno l’obbligo normativo di dotarsi di posta elettronica certificata. Dall’altro lato l’art. 1 della legge 21 gennaio 1994 n. 53 dispone che la notificazione degli atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale può essere eseguita a mezzo di posta elettronica certificata dall’avvocato munito di procura alle liti a norma dell’articolo 83 c.p.c.
La scelta del legislatore, dunque, è stata estremamente chiara nel ritenere, all’art. 3-bis, 3° comma della legge 21 gennaio 1994 n. 53, che la notifica a mezzo pec si perfeziona “per il soggetto notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione prevista dal D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, art. 6, comma 1, e, per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna prevista dall’articolo 6, comma 2, dello stesso D.P.R”.
Pertanto a fronte di una notifica correttamente perfezionatasi mediante la consegna dell’atto nella casella di posta certificata che il destinatario ha scelto e comunicato al proprio ordine di appartenenza (nel caso dei professionisti) o alla competente Camera di commercio (nel caso di imprese) anche ai fini della ricezione di notifiche giudiziarie, l’ordine di rinnovazione della notifica sembra con tutta evidenza travalicare non solo i doveri ma anche i poteri del giudice.
Il principio di autoresponsabilità nell’utilizzo della pec viene condivisibilmente applicato dalla giurisprudenza che si è finora pronunciata su tali nuove questioni. Si vedano, ad esempio:
– Cass. civ., Sez. Lavoro, sent., 7 ottobre 2015, n. 20072;
– Cass. civ., Sez. Lavoro, sent., 2 luglio 2014, n. 15070;
– App. Bologna, Sez. III, sent., 30 maggio 2014, R.G. 901/2014;
– Trib. Mantova, Sez. Lavoro, sent. 3 giugno 2014 n. 98.
Parte del testo dell’ordinanza è consultabile QUI.
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